mercoledì 23 novembre 2016

AA.VV. Sette autori per sette delitti, Echos

Scrivere la recensione di un giallo è sempre molto complicato. Cosa anticipare? Come evidenziare i pregi senza rivelare troppo della trama? Si parla dell’ambientazione, dello stile letterario, del protagonista. Ma se invece di un unico romanzo, magari anche corposo, il libro è composto da sette racconti, la cui trama è concentrata in poche pagine? Il rischio, oltre a quello di togliere la sorpresa, è di banalizzare e appiattire gli scritti, che hanno invece particolarità narrative ben diverse e rendono la raccolta ricca e sfaccettata. 
Così mi sono messa nei panni di chi prende in mano il libro per la prima volta e ho capito.
C'è qualcosa di speciale, infatti, che attira i lettori di gialli e che in Sette autori per sette delitti troveranno ben sviluppato come filo conduttore.
Non è la giustizia che trionfa alla fine; non è la tensione delle ultime pagine e nemmeno il meccanismo con cui l'assassino viene smascherato. Certo, tutti questi elementi sono importanti e aiutano ad arricchire ognuno dei racconti. Quello che, però, colpisce in questo libro è la normalità: il delitto non è prerogativa di un'élite, di un ceto sociale irraggiungibile e prestigioso o, al contrario, emarginato e violento. Qui l'omicidio tocca la gente comune e per questo è ancora più terribile e narrativamente avvincente. 
Studenti, impiegati, una semplice cameriera, donne comuni o uomini d'affari sono le vittime di questi criminali, anch’essi “normali” sotto tutti gli aspetti. I delitti non avvengono su yacht lussuosi o in sordidi vicoli malfamati, ma nelle strade e luoghi che tutti noi conosciamo, mostrando al lettore un aspetto imprevedibile dell’ambiente a lui familiare.
Con varietà di stili e sfoggio di fantasia i sette autori hanno affrontato proprio la banalità del delitto, costruendo questi sette appassionanti polizieschi.

La raccolta Sette autori per sette delitti è il frutto di un laboratorio di scrittura gialla, condotto da me e da Massimo Tallone in due giornate. 

lunedì 21 novembre 2016

Scriviamo il Natale, Laboratorio di scrittura


Un pomeriggio di parole e sensazioni, guidati dai grandi autori che hanno saputo raccontare il Natale, le sue malinconie, le sue gioie inaspettate, Scrittori che sanno catturare nelle loro narrazioni la tristezza della solitudine, il calore dell'amicizia, l'amarezza di un vecchio ricordo o la trepidazione per una sorpresa, l'innocenza dei bambini e l'ipocrisia dei peggiori degli adulti. 
Ascolteremo i consigli celati tra le righe dei loro racconti, proveremo ad usarli e ad inventarne di nuovi, per creare il nostro, unico,
Racconto di Natale.

Costo del laboratorio: 30,00 euro
Per informazioni: mariateresa.carpegna@gmail.com

lunedì 14 novembre 2016

Andrea Bes, La battaglia contro il nulla, Echos

Ci sono libri che occupano un posto di riguardo, nel cuore e nella casa; sono libri che vogliamo avere sempre a disposizione, fosse anche per una semplice occhiata. Sono lì, sul tavolino accanto alla nostra poltrona preferita, sul comodino, di traverso su altri libri nella libreria, lasciati con apparente trascuratezza, ma in realtà con l’intento di averli in mano in ogni momento.

La battaglia contro il nulla, di Andrea Bes, a casa nostra è sulla mensola di fianco al caminetto, il posto più ambito in questi giorni di primi freddi. L’ho già letto tante volte, eppure ogni pagina mi riserva ancora delle sorprese.
Le sue riflessioni, i suoi ricordi sono forti, ma presentati con una delicatezza che colpisce, colpisce molto di più delle parole urlate e arroganti, e fa riflettere.
La vita di ogni giorno traspare dalle sue parole come una vita serena, con gli intoppi di tutti. La sua disabilità è soltanto uno dei modi di affrontare le difficoltà di ogni giorno, di superare gli ostacoli che vengono messi di fronte ad ognuno di noi non dalla natura o dal destino, ma dagli altri uomini, privi della capacità di vedere oltre se stessi.
La lezione di Andrea è utile ma soprattutto piacevole; la sua scrittura ironica affronta con leggerezza temi profondi e apre la mente con garbo, le illustrazioni di Nicolò Rivello danno corpo all’immaginazione e trasportano nel mondo meraviglioso che sa crearsi chi ha veramente capito cosa chiedere alla vita. 

sabato 16 luglio 2016

Elena Ciavarella, L'ultima bugia, Echos edizioni

L’Ultima bugia è un romanzo breve che racchiude in sé molte storie, che potrebbero da sole reggere un’intera narrazione. La protagonista di tutte è Vittoria, una donna realizzata e felice, che nasconde una personalità sfaccettata.
Vittoria è moglie amata e madre soddisfatta, ma è anche un’orfana cresciuta da sola, fino all’incontro con una donna che le cambierà la vita. La sua infanzia complicata le creerà una visione del mondo sempre un po’ obliqua, le darà un perenne senso di inadeguatezza che però Vittoria, intelligente e caparbia, saprà trasformare in un punto di forza. Non teme la fatica e si dedica con tutto l’impegno possibile a ciò che la appassiona: l’arte. I suoi studi la portano a Firenze, dove una terza donna, Valerie, dinamica e gioiosa, insinuerà nella sua esistenza nuove possibilità.
Eppure Vittoria non esiterà ad abbandonare tutto per l’amore, conscia di fare una scelta che la costringe a lasciare le altre alternative, ma sicura infine della decisione presa.
Decide quindi di voltare le spalle al passato, per vivere in pienezza un presente meraviglioso e ricco di prospettive. Si trasferisce a Torino con suo marito e si trasforma, quasi inavvertitamente, in una nuova Vittoria. Per questo tiene per sé, con una reticenza ostinata, la sua infanzia e la sua giovinezza, spaccando in questo modo la sua stessa vita in due: prima e dopo la scelta.
Quello che ancora non sa è che la vita non si limita a darci due possibilità, ma si diverte a giocare con le nostre scelte, ripresentandone sempre di nuove.

venerdì 1 luglio 2016

Tallone & Carillo, La curva delle cento lire, Il capricorno

Una neve gelida cade su Torino. Pochi coraggiosi escono dalle case riscaldate e percorrono strade scivolose e marciapiedi insicuri. Eppure l’atmosfera è magica, fiabesca; il silenzio avvolge i corsi e le piazze solitamente fracassone della città.
Come un drone, noi lettori caliamo verso terra, seguendo chi si muove in questo strano ambiente. Una prima scena cattura la nostra attenzione: una donna in taxi lungo corso Regio Parco conversa stancamente con il taxista. Di colpo lancia un urlo: su uno dei cubi di pietra un uomo giace privo di sensi.
Il volo del nostro drone prosegue fino a Piazza Vittorio, scende nel parcheggio sotterraneo, osserva una coppia elegante avviarsi verso l’uscita, per una cena intima. Ma il nostro sguardo si affianca a quello della donna: dentro un auto un uomo è riverso in una pozza di sangue.
Lola, ignara dei nostri voli indagatori, sta entrando in casa felice della vendita di ben sei bottiglie di champagne. Si prepara a festeggiare accendendo distrattamente la tv, ma una notizia la fa sobbalzare.
È l’inizio di un lungo e tortuoso percorso di indagine, il terzo che Tallone e Carillo hanno pianificato per la loro strepitosa protagonista. Lola, ex-galeotta, ora collabora ufficiosamente con la Digos, in particolare con Guiscardo, il “suo” poliziotto.
Questa volta la nostra coraggiosa e razionale eroina dovrà portare avanti la sua investigazione per le strade gelide e deserte di una Torino avvolta nella più straordinaria nevicata degli ultimi tempi. Ad aiutarla, o ad ostacolarla, un cast di personaggi intriganti e indimenticabili, mossi dalle penne sapienti dei due autori.
Imperdibile. 

giovedì 30 giugno 2016

Al di là, l'Aurora, di Milena Barella. Racconto vincitore del Marengo d'oro 2015


Ero il figlio di un dio sbadato che mi ha messo nel corpo sbagliato; i miei primi trenta anni li ho passati a strisciare lungo i muri, come fanno i topi per non essere scoperti.
Ho trascorso la vita a cercarmi, poi nel tumulto di una notte ho capito che io c'ero.

Il fumo s'innalza davanti al mio occhio, che scruta la notte attraverso la vetrata del pronto soccorso.
L'altro occhio é coperto dalla borsa del ghiaccio che vi tengo premuta.
Stringo il bicchiere di carta, caldo del tè che sto sorseggiando.
Sono sotto osservazione da ieri sera, quando un'ambulanza mi ha raccolta, coperta di sangue da far schifo, in una strada ben frequentata: ciò non é bastato a fermare un gruppetto di ignoti dal darmele di santa ragione. Nessun testimone, per me.
Sono stata fortunata, non hanno riscontrato lesioni gravi, solo qualche taglio e tanti lividi.
Appena farà giorno, se cammino dritta e non vomito, mi dimetteranno.
Mi é andata bene per essere la prima volta che le prendo, fa male, molto, ma le ferite si riassorbiranno.
Di solito vengo aggredita in metro, al mercato, negli ospedali, nei bar, una volta persino in banca dal cassiere: si tratta perlopiù di sguardi incagliati, allusioni, derisioni. Questi sono lividi invisibili, ma bruciano forte dentro l'anima: é un veleno che s'insinua nella carne, come la gramigna, talmente profonda da non scavare mai abbastanza per sradicarla.
Questo posto é stata per un po' la mia seconda casa: so dove si trovano il bagno, la mensa, l'accoglienza e soprattutto il reparto macelleria.
Quando vi sono entrato sei anni fa, di nome facevo Tommaso.
Mi hanno intrattenuto con lunghe attese, cure, psicoanalisi e masticato per benino fino al giorno dell'intervento. Adesso che mi é stata "concessa la libertà" sono diventata un boccone troppo amaro da digerire.
Avvicino il bicchiere al vetro e nell'alone del vapore che lo imperla, traccio col dito il nome che ho sempre sognato per me, oggi mi chiamo Aurora.
Sono fiera di essermi pagata gli interventi col duro lavoro, senza prostituirmi, alla faccia di questo sistema subdolo che si finge tollerante mentre affonda la lama. Io sono un meccanismo difettoso che va tenuto dentro il filo spinato: non sanno come aggiustarmi.
Se mi osservi noterai il caos: ho un rossetto vistoso, spalle larghe, mascella pronunciata e fra le gambe una voragine con su scritto "lavori in corso".
Sono un cantiere ancora aperto: sebbene abbia concluso gli interventi con il corpo, non ho chiuso i conti con la mente.
Il mio volto ha mantenuto i tratti mascolini nonostante la cura di ormoni; mi é stata consigliata una soluzione di chirurgia estetica, ma non possono obbligarmi. L'ultimo ricordo di Tommaso non me lo strapperanno: ci ho litigato sino allo sfinimento, però gli ho voluto bene e nessuno può costringermi a dimenticarlo.
Torno a sedermi, la testa vortica e penso a mia madre.
La ricordo intenta a cucinare col suo grembiule a fiori e un fazzoletto a trattenere i riccioli.
Un giorno misi i suoi vestii e il suo rossetto, e quando quel deficiente di mio fratello fece la spia, lei rimase in silenzio senza guardarmi, e mi chiuse in camera senza la cena.
Era troppo arguta per non comprendere ciò che ero, però continuò a fingere di non vedermi. Tuttavia la misi in imbarazzo un'infinità di volte e mi perdonò sempre.
Ero piccolo, non capivo il disagio che mi straziava e quando da grande provai a parlarne fui escluso, emarginato.
Mi schernivano quando giocavo a calcio, ammiravo le bambine pettinare le bambole, avrei voluto vivere serenamente la mia emotività e alla fine ho imparato a fingere.
Mi sono scavalcato, violentato in nome di compagnie effimere; quando fui abbastanza maturo e logoro da capire che sarei comunque rimasto solo, esplosi.
E ferii mia madre, obbligandola a guardarmi per quello che sono. Quella volta non ci fu perdono.


Verso le quattro una coppia di anziani varca la soglia del pronto soccorso.
Lui é sul lettino con una flebo inserita nel braccio. Bisbiglia alla moglie per tranquillizzarla.
Attendono che l'operatore si allontani per sbrigare le pratiche, poi si danno timidamente la mano.
Lei ne accarezza il dorso, sorride dolcemente. E' minuta, ma c'é una forza immensa nello sguardo basso dal contegno dignitoso.
Lui sussurra parole in dialetto, non le capisco, ma sono quiete, ancora innamorate.
Non riesco a staccare lo sguardo, vorrei tanto far parte del quadro.
Ad un tratto l'operatore torna. Staccano le mani a fatica e lei gli sfiora la guancia con un bacio.
Rimaniamole sole. Scambiamo un saluto e mi si avvicina.
" Cosa le é capitato signora? "
La osservo perplessa e penso che la donna abbia problemi di vista, ma l'accontento e racconto.
Ascolta preoccupata, si porta la mano alla bocca, poi prende la mia e sorride.
Mi tiene compagnia parlandomi della sua vita, di come si tiene un'orto, si fa il pane, come si allevano le capre.
Mi mostra una ricetta che custodisce gelosamente in borsa e ne legge gli ingredienti, allora capisco che non ha bisogno di occhiali: mi ha vista, gliene sono grata e mi sento viva.
Ho la beata sensazione di essere tornata bambina, vicina a mia madre.
Quando manca un quarto alle sei un dottore esce dalla porta, la cerca: il suo volto é un libro aperto.
La sento irrigidirsi, non fa domande, attende rassegnata le parole del medico.
Si alza, mi osserva commossa mentre mordo un labbro per nascondere le lacrime. Il suo sguardo ha oltrepassato la speranza.
Mi regala un bacio sulla fronte, io le stringo convulsamente la mano, quel dono inatteso fa vibrare la mia speranza.
Rimango sola, frastornata.
Rivivo le loro carezze, i sussurri, l'ultimo sguardo consapevole, accolto con tale dignità da farmi scordare tutte le mie ferite.
E di farmi vergognare del tempo perso a esitare.
Nessuno a questo mondo é giusto o sbagliato. Siamo arabe fenici nella vita che ci attraversa: risorgiamo ogni dì liberi di essere, al di là dei pregiudizi.

Oltre il vetro guardo sorgere un nuovo giorno e mi vedo, proprio lì, tra il buio della notte alle spalle e l'alba dinanzi: io ci sono, io sono l'Aurora.

venerdì 3 giugno 2016

Processo al libro, Coazze 28 maggio 2016

Sabato 28 maggio si è tenuto il Processo giuridico Libro Vs e-book. Nell’aula del Palatenda di Coazze, il libro di carta è stato accusato, da parte del libro in formato digitale, di essere vecchio, costoso e ingombrante.
Il processo, che ha avuto una lunga fase preparatoria, è stato organizzato dai ragazzi delle Seconde medie della scuola Giulio Nicoletta di Coazze. A partire dal mese di marzo, io e i ragazzi abbiamo esaminato il processo di creazione del libro, che nasce dall’idea nella mente dello scrittore, seguendo via via tutti i passaggi che conducono al lettore, ovvero a chi usufruirà del libro.
Durante i nostri incontri, e nelle mail che ci siamo scambiati, i ragazzi hanno scoperto quante persone e quanti professionisti lavorano per la perfetta riuscita di un libro: dall’autore, il creatore del libro vero e proprio, a chi seleziona i manoscritti, dall’ufficio acquisizioni della casa editrice all’editor, dal correttore di bozze all’impaginatore, al grafico che crea la copertina, per arrivare al tipografo e al rilegatore, passando per il corriere e il magazziniere, fino al libraio e alla vendita del prodotto finito.
Abbiamo esaminato il processo in particolar modo dal momento in cui il testo può diventare un libro di carta o un e-book, scoprendo insieme che soltanto i passaggi finali cambiano: dalla stampa alla libreria per il tradizionale libro, dal tecnico informatico al web per l’e-book.
Ciascuno di loro ha scelto di entrare nel ruolo che sentiva più vicino, per portare una testimonianza al processo, per spiegare alla giuria e al pubblico quanto è importante che ognuno faccia del suo meglio. Alcuni di loro hanno subito deciso da che parte stare, altri hanno preferito ascoltare come giurati e decidere dopo il processo.
Lorenzo Naia, scrittore ed educatore, ha accettato il ruolo di giudice; per questo è stato tenuto all’oscuro di tutti i passaggi nel dettaglio, fino al giorno del processo. Lo informavo via mail dei progressi, ma soltanto dal punto di vista formale: i contenuti erano per lui sconosciuti, come deve essere per un giudice veramente imparziale.
Elisa Bevilacqua ha accettato il ruolo di giurata, sedendosi con i ragazzi ad ascoltare le testimonianze e porgendo domande.
Ho voluto che i ragazzi non seguissero un copione, ma che decidessero essi stessi le domande da porre e le risposte da dare, talvolta improvvisando anche davanti al pubblico.

È stata una battaglia senza esclusione di colpi in cui il vero vincitore, come ha sottolineato Lorenzo Naia nella sentenza finale, è la lettura: non importa quale mezzo si scelga, quel che conta è che si continui a leggere, sempre.

lunedì 30 maggio 2016

Jo Nesbø, Sole di mezzanotte, Einaudi

Jon sta fuggendo; non dalla polizia, nonostante la sua vita di spacciatore, ma dal “Pescatore”. Ha disobbedito a lui, capo di una spietata organizzazione malavitosa, e ora deve pagare. Sa che lo troveranno: il Pescatore trova sempre chi sta cercando, ma non è questa la parte più difficile, il difficile è non sapere quando, lo stillicidio di un’attesa inevitabile.
La sua fuga lo porta lontano, al nord della Norvegia, nella contea del Finnmark, in un’estate di luce continua, di giorno-non giorno, in un luogo desolato e inospitale, dal fascino dubbio e complesso. Non è quello che si dice a proposito dei luoghi inospitali? Per darsi un’aria brusca, di persona navigata, superba, proprio come ci si vanta di amare la musica incomprensibile o la letteratura illeggibile?
Qui Jon lotta per sopravvivere, per confondersi e nascondersi, nonostante i paesaggi sconfinati a perdita d’occhio, nonostante i pochissimi abitanti si conoscano da sempre tra loro, nonostante la luce continua del sole di mezzanotte.


Nesbø gioca con le tecniche narrative, creando un romanzo in prima persona, narrato seguendo quasi totalmente la “fabula”, la cronologia degli eventi, con rari flashback. A cominciare dall’Incipit metanarrativo: Da dove vogliamo cominciare questo racconto? Mi piacerebbe poter dire dal principio. Ma il fatto è che non so dove inizi.
Come in moltissimi gialli, l’evento d’esordio è difficile da individuare e da isolare, e così Nesbø ci avvisa fin da subito.
Le parti narrative sono esposte senza veli, come un prestigiatore che, nel corso della sua esibizione, spieghi tutti i trucchi del suo numero di illusionismo. Ma la sua bravura è così eccelsa che alla fine scordiamo di ascoltare i passaggi tecnici e assistiamo sbalorditi alla magia.
La narrazione introduce nuovi personaggi e ci fa conoscere quelli che non interverranno più, della vita passata di Jon. Le presentazioni sono quasi sempre dirette, eppure mai banali: sembrava un jolly uscito da un mazzo di carte. La trama, all’apparenza lineare, è invece intrecciata a sottotrame complesse, che virano dal noir allo psicologico, fino al romanzo di formazione. Perché in fondo, Sole di mezzanotte, è la storia di una redenzione. 

martedì 24 maggio 2016

XXIX Salone del Libro

La XXIX edizione del Salone del Libro di Torino si è conclusa ormai da una settimana. Cosa mi resta di quei giorni intensi, pieni? Sicuramente l’emozione di essere stata, per la prima volta, dall’altra parte di un bancone, di avere avuto appeso al collo il Badge di Espositore.
Con la Echos Edizioni abbiamo vissuto il momento in cui il Salone non era altro che una serie di stand vuoti, un guscio di sostegni ignifughi, di banchi lisci e lucidi, di moquette rivestita di cellophane per evitare i solchi dei carrelli colmi di scatoloni.
Entrando dal portone Espositori, abbiamo respirato un’aria da “dietro le quinte”, abbiamo scaricato centinaia di volumi che, nei cinque giorni seguenti, sono stati sfogliati, letti, acquistati e rimpiazzati da copie fresche di ristampa.
Le emozioni di quei giorni sono andate al di là della mia immaginazione; il mio stupore non è stato quello di assistere alla kermesse libraria più importante dell’anno da un nuovo punto di vista, ma di scoprirne lati imprevedibili, che tenterò qui di elencare, certa di tralasciarne qualcuno di memorabile, che resterà comunque nei miei ricordi.
Innanzitutto il contatto diretto tra gli entusiasti autori Echos e il pubblico, pronto all’ascolto e curioso di scoprire nuove trame e nuovi stili.
Gli incontri con altri editori, nuovissimi, emergenti o storici, come la centenaria Giunti, fondata nel 1497. La grave quantità di sedie a rotelle, di anziani e di giovanissimi, che percorrono agevolmente i corridoi, aiutati dalle inesistenti barriere architettoniche e invogliati da attività come la lettura e l’ascolto, facili e appaganti.
Gli incontri con gli scrittori, non nelle sale superilluminate, seduti ad una cattedra, ma tranquillamente a passeggio per gli stand, sicuri di essere magari riconosciuti ma non importunati da chi è in visita e che, come loro, forse sta soltanto cercando un’atmosfera. Antonio Manzini che passa davanti al mio stand e risponde al mio saluto (pensando: “ma chi diavolo è questa?”) con un cenno del capo. Massimo Tallone che mi porta allo stand della Golem per presentarmi qualcuno; io che lo seguo dubbiosa e lo vedo accennare ad un signore anziano, seduto dietro il banco: «Ti presento Pupi Avati», e io tendo la mano incapace di dire altro che «Piacere, Maria Teresa».
La presentazione della nuovissima, eppure già storica, casa editrice La nave di Teseo, con il grande assente Umberto Eco, ospite d’onore scomparso quando tutto era già stato organizzato.
Giovanni Allevi che, con il suo solito fare ridanciano, al limite dell’assurdo, risponde alle domande nello stand della Rai, davanti ad una folla curiosa, in attesa di farsi autografare il suo libro.
La piacevolezza delle code educate e tranquille, senza sorpassi o spintoni, di chi attende di raggiungere la porta di una grande sala, sapendo che forse non ci sarà più spazio.

Certo, non è stato tutt’oro, ci sono stati momenti meno felici, ma si sono persi e non li ricorderò.
Il momento più bello, però, è stato a fine Salone. I portoni sono chiusi, la folla è uscita, gli stand sono ormai mezzi vuoti e i carrelli colmi di scatoloni ricominciano a varcare in senso inverso il portone. Attraverso il corridoio e mi affaccio allo stand della Sellerio, che è davanti al nostro. Chissà se mi vendono l’ultimo di Malvaldi fuori tempo massimo? Chiedo al commesso che sta inscatolando quei titoli; lui si alza, ed è proprio Malvaldi.
«Se mi fermo mi addormento» dice quasi per giustificarsi. Alla cassa una signora che non lo ha riconosciuto mi chiede quale sia il più bello tra i suoi libri. «Milioni di milioni» rispondo sicura, «l’ho già letto due volte e adesso aspetto il seguito», concludo ammiccando verso di lui. «Devi chiedere a mia moglie, è lei che ha inventato la trama» e ridacchia.
Sono le undici passate, le luci si stanno spegnendo, gli stand sono tornati i gusci vuoti che erano sei giorni fa. Siamo esausti, i nostri piedi chiedono di uscire dalle scarpe, le schiene vogliono un letto, ma sono già certissima: sentirò molto presto la nostalgia del Salone. 

martedì 17 maggio 2016

Roberto Girardi, Amelia dolce Amelia, Araba Fenice

La storia della nostra protagonista comincia prima ancora della sua venuta al mondo, quando Elide, una splendida ragazza di Sant’Ambrogio, incontra un giovane immigrato e se ne innamora. Nunzio, il bruno e seducente latino, ricambia l’amore e abbandona le facili avventure per sposarla e mettere su casa e famiglia.  Da questa unione nasce Amelia, e la sua bellezza è tale da lasciare in ombra Elide, il cui personaggio, pian piano, abbandona la scena, per lasciare tutti i riflettori puntati sulla sua meravigliosa bambina.
Gli sguardi sono tutti posati su di lei, fin dai primi giorni di vita; la sua bellezza attira coloro che le passano vicino, magari in modo diverso: sguardi ammirati, che diventano invidiosi quando le altre mamme, inevitabilmente, capiscono l’irraggiungibile bellezza di Amelia. Col passare degli anni, però, questa invidia si trasforma in maligna soddisfazione, perché Amelia, la bellissima, dolce Amelia, è inguaribilmente stupida.
La sua immensa ottusità non le è però di alcun ostacolo nella vita; guidata dalla nonna, da cui ha ereditato certamente il quoziente intellettivo, impara fin dalla più tenera età a mostrare doti tanto inutili a livello scolastico e lavorativo, quanto fondamentali per essere sempre al centro dell’attenzione in tutte le occasioni mondane.
La ragazza cresce e impara le arti della seduzione senza secondi fini, ma soltanto per divertirsi: nella sua limitatezza, Amelia è buona e generosa, anche di sé. Attorno a lei ruotano personaggi vivaci e spassosi, che l’accompagnano nelle fasi della sua vita e nelle incredibili, esilaranti avventure.

Roberto Girardi, giunto al terzo romanzo, si cimenta con una classica commedia brillante molto paesana, in una narrazione ad episodi.  Ogni capitolo ha infatti un inizio e una fine, rendendo così la lettura ancor più scorrevole e divertente.
Le vicende vengono ambientate con grande successo nella cittadina della Val Susa (ma nulla vieta al lettore di estrapolarle dal locale e situarle con la fantasia ovunque desideri).
Lo stile di Girardi è schietto e veloce; la battuta pronta e il lessico ricco dipingono scene accattivanti. Il suo è un umorismo goliardico, mai sboccato o volgare, ma certamente malizioso; trascina con la spumeggiante Amelia il lettore, avvolgendolo in un’atmosfera ridanciana e leggera. 

sabato 7 maggio 2016

Laboratorio giallo, 19 maggio a Giaveno

Ne uccide più la penna
che la spada
Laboratorio di scrittura in giallo
giovedì 19 maggio
dalle  18,00 alle 21,00
a Giaveno
Tenteremo l'ardua impresa di scrivere, in sole 3 ore, un racconto poliziesco o un noir o un thriller.
Lezioni teoriche, consigli pratici, letture di brani d'autore e

esercitazioni sul campo.
Armatevi di penna, vi aspetto!

Costo del laboratorio: 30,00 euro
Per informazioni:
mariateresa.carpegna@gmail.com

mercoledì 4 maggio 2016

Massimo Tallone e Biagio Carillo al Salone del Libro di Torino

DAL DELITTO AL ROMANZO
Tra scena del crimine e fiction: dove va il noir contemporaneo?
Spazio Piemonte
Giallo, noir e thriller
venerdì 13 maggio, 
ore 19:30
Sala Arancio
a cura di 





Partecipano:

  • Biagio Fabrizio Carillo
  • Filippo Losito
  • Massimo Tallone

martedì 5 aprile 2016

Laboratorio: dall'idea al libro

Dall’idea al libro

Laboratorio di scrittura narrativa
a Giaveno
sabato 16 aprile
orario:
mattino 9,30 – 12,30
pausa pranzo
ripresa 14,30 – 17,30
Costo 50 euro
Per informazioni:
mariateresa.carpegna@gmail.com

Come nasce e come si sviluppa una narrazione? 
Che differenza c'è tra un racconto e un romanzo e perché i primi faticano ad essere diffusi in Italia? 
Se esistono delle regole o delle tecniche da applicare per creare un’opera narrativa valida, sono le stesse per tutti i generi narrativi?
Quanto è importante la lettura per diventare scrittori?
Una volta terminata la stesura, quali sono i passi da compiere per sottoporre un’opera ad una casa editrice?
Cosa cerca un editore in un testo, per trasformarlo in un libro di successo?

  Se almeno una volta vi siete posti queste domande, significa che la scrittura narrativa fa per voi.

  Il laboratorio alternerà lezioni teoriche all’analisi di testi narrativi di successo. Nel corso della giornata i partecipanti sono invitati ad elaborare un traccia, che si trasformerà via via in racconto (senza alcun obbligo di condivisione).

Scrivere è sempre una fantastica avventura

venerdì 1 aprile 2016

Luca Iaccarino, Il gusto delle piccole cose, Mondadori

Luca Iaccarino è un grande. Un grande scrittore, innanzitutto, costretto a limitare la sua produzione  letteraria a causa dei molti impegni di lavoro; dopo tutto, come dice egli stesso, bisogna pur portare a casa la pagnotta, e anche qualcosa con cui farcirla. Per questo la sua ultima opera, Il gusto delle piccole cose, è una raccolta di stralci, aforismi, aneddoti, massime e pillole di filosofia spicciola; un concentrato di saggezza e umorismo da evitare fortemente in sala riunioni, per non perdere credibilità scoppiando in risate a singhiozzo.
Luca è un grande critico culinario. È in grado di valutare tutta la cucina, da quella più alta, per palati raffinati e portafogli ripieni, a quella che tutti, ma proprio tutti possono permettersi. Recensisce su La Repubblica le migliori trattorie di Torino e dintorni, valide per cene luculliane o pranzi quotidiani, dove le tovaglie a scacchi e la simpatia dei gestori sono qualità da apprezzare tanto quanto le portate e i contorni gustosi.
È un grande direttore editoriale, che coccola i suoi autori e li sprona a visitare nuovi posti e nuovi gusti, per condividerli con i lettori più pigri (o meno fortunati) che restano a casa.
Ma come tutti i grandi sa che la vera felicità sta nelle piccole cose che, citando Arthur Conan Doyle, “sono di gran lunga le più importanti”.
Dunque leggiamo il suo libro, spilucchiamolo come una piatto di canapè, gustiamolo come un vassoio di fritto misto oppure divoriamolo come una teglia di gnocchi alla sorrentina, senza paura di finirlo in fretta: basterà ricominciare da capo.
P.S. Se siete decisamente pigri o, come me oggi, avete soltanto un braccio utile, potete anche leggere solo le pagine dispari o le pari, sdraiati su un fianco, cercando i brani che non escono dal foglio. 

Luca Iaccarino sarà a Giaveno venerdì 8 aprile: 


mercoledì 30 marzo 2016

Corso di scrittura

Corso di scrittura narrativa

Dall’idea al libro

a Giaveno (TO)



Giovedì 7 aprile, alle ore 19, avrà inizio il mio corso di scrittura. 
Le lezioni, di due ore ciascuna, avranno luogo per quattro giovedì consecutivi, nell'orario: 19  -  21

Il corso è indirizzato a tutti coloro che vogliono conoscere o approfondire le tecniche narrative, per la stesura di romanzi o racconti e per conoscere i passi che possono portare ad una eventuale pubblicazione. 
Nelle lezioni scopriremo quali sono e come utilizzare gli strumenti necessari per elaborare una trama ed esamineremo le specificità dei migliori autori.

Date del corso: 7 - 14 - 21 - 28 aprile.
Orario: dalle 19 alle 21
Costo: 100 euro

Iscrizioni e dettagli:
mariateresa.carpegna@gmail.com

Cosa distingue un bel romanzo da un romanzo mediocre? 
Cosa cerca un editore in un testo, per trasformarlo in un libro di successo? Che differenza c'è tra un racconto e un romanzo, e perché i primi non riscuotono successo in Italia? 
Quante volte vi siete posti queste domande leggendo un libro, per scoprire, da lettore, i segreti della scrittura? 
Adesso è il momento di farlo come autore, impugnando una penna.
Nel mio corso cercherò di aiutarvi a capire qual è il punto di partenza e come si costruisce da lì una bella storia, efficace, avvincente. 
Perché scrivere è sempre una fantastica avventura.

martedì 22 marzo 2016

Guillaume Musso, Central Park, Bompiani

Quali sono le caratteristiche che deve possedere un bel giallo?
Al di là dei gusti e delle preferenze personali, un poliziesco, un noir o un thriller devono avere comunque una trama molto vivace e coinvolgente. Il protagonista potrà essere affascinante o inquietante, cupo e musone o godereccio e sciupafemmine, femme fatale o campionessa di Karate; l’ambientazione spazierà dai sordidi vicoli metropolitani alle campagne del nord Europa, dalle piramidi di quattromila anni fa alle piattaforme petrolifere. Non dovrà mancare, però, un intreccio coinvolgente e ben congegnato che trascini il lettore dalla prima all’ultima pagina.
È esattamente questo che accade nel romanzo di Guillaume Musso, Central Park. Dopo la prima scena, in cui i due protagonisti si ritrovano ammanettati l’uno all’altro su una panchina di Central Park, a New York, la vicenda prende subito avvio. Alice, poliziotta della Brigade Criminelle di Parigi, non sa assolutamente come sia arrivata a New York e chi sia l’uomo che dorme, o è svenuto, al suo fianco.
Da lì in poi gli eventi si susseguono in una serie di svolte sorprendenti, in una concatenazione che il lettore può seguire, ma non prevedere. Non appena un risultato sembra apparire all’orizzonte, ecco che un nuovo colpo di scena modifica e ribalta la situazione, fino alla conclusione totalmente inattesa.
Forse lo stile non è all’altezza del plot, ma segue comunque il ritmo accelerato delle scene e le accompagna. La prosa è scorrevole, non elaborata, ma comunque piacevole. 
Contrariamente ai polizieschi a cui ci stiamo lentamente affezionando, i protagonisti non sono adatti a comparire in una serie, perché? Non di certo per uno scarso approfondimento psicologico: il passato dei due personaggi non solo viene affrontato in modo approfondito, ma diventa la chiave di una possibile soluzione dell’enigma, anzi, degli enigmi che si concatenano nella trama. La loro vicenda privata non emerge soltanto come analisi delle loro personalità, ma come chiave di soluzione del romanzo stesso. Essi sono contemporaneamente gli indagatori e le vittime di un crimine da scoprire, un crimine che sfugge anch’esso ad ogni definizione.
Un romanzo da leggere e da rileggere con occhi totalmente diversi, una volta scoperto il finale. 

martedì 15 marzo 2016

La Bottega Letteraria

Dalla collaborazione con lo scrittore Massimo Tallone nasce 
La Bottega Letteraria
Valutazione testi

La Bottega Letteraria fornisce il nuovo servizio di Scouting Lettetario, che prevede la selezione e la valutazione di testi di esordienti, oppure di autori con esperienze di pubblicazioni diverse, da indirizzare al mercato editoriale.
Unendo la mia esperienza di libraia, di Editor e di insegnante in corsi e laboratori di scrittura con la consolidata pratica letteraria e didattica dello scrittore Massimo Tallone, La Bottega Letteraria valuta gli scritti in base a parametri stilistici e linguistici, nonché a criteri di vendibilità e di fruibilità del testo. 
Oltre alla valutazione, io e Massimo Tallone potremo seguire l'autore in ogni fase della produzione narrativa. Dalla creazione della trama e dei personaggi, al perfezionamento del genere preferito, alla cura dello stile narrativo fino alla revisione conclusiva del testo. 

La scelta delle case editrici a cui proporre i testi selezionati avviene in base al genere, alla tipologia dello scritto, mediati con le esigenze dell'autore. In nessun caso vengono prese in considerazione edizioni a pagamento; per questo ribadiamo che la scelta dei testi avverrà in base al solo principio della qualità letteraria. 

Riferimenti
mariateresa.carpegna@gmail.com                                                                                  

venerdì 19 febbraio 2016

Tallone & Carillo, La riva destra della Dora, Capricorno

Nel panorama letterario della giallistica contemporanea, l’assortimento di investigatori è vario e in continuo ampliamento. Poliziotti, carabinieri, scrittori, vecchietti arzilli dalla memoria prodigiosa, casalinghe annoiate e ragazzini precoci, tutti pronti a vestire i panni di Sherlock Holmes.
Nell’ultima fatica di Tallone e Carillo, La riva destra della Dora, questo compito spetta a Lola, già protagonista del precedente romanzo Il postino di Superga. In questo caso, però, la ragazza non avrebbe nessuna intenzione di indagare su un bel niente. Ben sistemata dietro al bancone del suo nuovissimo negozio di leccornie da gourmet, il Caveau, viene incaricata (costretta è la parola giusta) a cercare dati su un caso che non dovrebbe nemmeno sfiorarla.
La candidata al posto di Governatore della regione, Aldina Chiappero, è stata uccisa sotto gli occhi di tutti nientemeno che con un colpo di balestra, durante il suo ultimo comizio.
Cosa potrà mai avere a che fare una ex-galeotta come Lola con un omicidio politico? E perché Guiscardo, poliziotto amante del lessico e delle buone maniere, pensa che proprio lei possa aiutarlo nelle indagini?
Comincia così per i protagonisti del romanzo una serie di ricerche, inseguimenti, deduzioni e appostamenti, tutti condotti con la tecnica dei migliori professionisti, grazie a Carillo, criminologo e coautore del romanzo.
A Tallone spetta il compito (perfettamente realizzato) di trasportare con le parole il lettore in un’indagine dai ritmi incalzanti, ricca di colpi di scena mozzafiato e di momenti deliziosamente comici. La sua prosa curatissima crea un ritmo che trasporta il lettore tra le viuzze del Parco del Valentino, nel caos di un centro sociale, tra i profumi stuzzicanti del Caveau, in un saliscendi di tensione, passione e divertimento.
In tutto questo si muovono personaggi memorabili, primo fra tutti Lola, spavalda e all’apparenza forte, ma la cui sensibilità traspare nei piccoli gesti, nella capacità di dare e comprendere. La sua debolezza viene mascherata da un atteggiamento quasi aggressivo, certamente frutto della sua esperienza carceraria, dove ogni incertezza poteva renderla facile preda. 
È solo uno dei tanti personaggi che costellano il romanzo e costruiscono, con i loro ruoli perfettamente inseriti, una trama ricca e imprevedibile. 


Sentiamo direttamente dai loro creatori, Tallone e Carillo, come sono nati i personaggi principali della Riva destra della Dora, Lola e Guiscadro:


Lola è ormai una presenza viva, fra noi, e le sue origini si sono perse nella notte delle chiacchiere. Guiscardo invece è il risultato di un lavoro preparatorio: noi non amiamo le figure canoniche del giallo investigativo, commissari, ispettori e simili. Ci piace la vicenda noir legata direttamente alle persone normali, non agganciata al livello delle istituzioni. Dunque ci occorreva un personaggio che avesse un aggancio con la legalità, ma che agisse per così dire da fuori, da lontano. Ed è nato Guiscardo.

- La vostra collaborazione sta dando ottimi frutti. Come si lavora ad un romanzo a quattro mani?

Ora che abbiamo concluso il secondo romanzo e ci apprestiamo a comporre il terzo possiamo dire di aver affinato una tecnica che in effetti non è poi così rigida, ma che prevede, dopo la fase preparatoria, la stesura di una bozza mista, con giri di mail continui e quotidiani. Poi, quella massa ancora bruta passa alla graduale messa a punto tesa ad uniformare lo stile.

-  Come si sviluppa la trama, come si creano i personaggi in collaborazione con un altro autore?

La fase preparatoria del romanzo a quattro mani è molto di divertente. Si passa dalla individuazione di un tema generale affiancato a una sorta di scena del crimine e poi si chiacchiera a lungo fino a che si inquadra una linea narrativa, una 'fabula', per dirla in termini tecnici. Infine decidiamo come intrecciare quella serie di scene. Per entrambi è davvero fertile questa fase di reciprocità, di brain storming, di parole in libertà. C'è da dire che aiuta molto la profonda amicizia e l'intesa che ci caratterizza, la piena sintonia umana e tecnica.

-  Il romanzo inizia con un comizio politico, ma poi prende una direzione imprevista. L'idea di uccidere la vittima con una balestra è stata un impulso del momento o una costruzione ben architettata? 

L'idea della balestra è nata come sempre da quella attività conversativa, svolta in lunghe passeggiate per le vie di Torino, durante le quali ipotizziamo scenari e osserviamo le persone, ci fermiamo davanti alle vetrine, esaminiamo location, facciamo foto, commentiamo la forma del mondo e i gusti delle persone...

- Dopo molti libri venduti per le vie canoniche in libreria, come vi è sembrata l'avventura di un romanzo da acquistare in edicola? Come hanno reagito i vostri fan? 

All'inizio un po' spiazzante, ma poi abbiamo aderito con entusiasmo. Un libro è un libro, e se raggiunge il pubblico ogni canale va bene. 
Chi ci segue con affetto non bada alla questione. E chi non ci conosceva o che non ha l'abitudine di andare in libreria forse ha trovato in edicola un modo leggero per avvicinarsi ai libri.

- Il dover analizzare le affascinanti figure femminili del romanzo è stato per me un incarico molto piacevole, che mi ha dato modo di scoprire nuovi aspetti della vostra creatività. Vi è costata fatica immedesimarvi in loro e risultare credibili?

C'è una sola risposta, a questa domanda, parafrasando Flaubert, per ognuno di noi: "Lola c'est moi!".


La riva destra della Dora sarà reperibile in edicola fino al 18 marzo. 
Dal 3 marzo in poi Il postino di Superga e La riva destra della Dora, entrambi editi da Edizioni del Capricorno, saranno disponibili in libreria. 

Tallone & Carillo saranno alla libreria COOP di Galleria San Federico il 3 marzo per presentare i loro romanzi.

Un'anteprima

giovedì 18 febbraio 2016

Alice Basso, L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome, Garzanti

Esistono molti mestieri inconsueti: scopritori del sesso dei pulcini, trasportatori di iceberg, restauratori di nani da giardino, ingelositori di mariti o di mogli… 
Silvana Sarca può entrare nella testa di chiunque; non perché sia telepatica o neurochirurga, ma perché con pochi, invisibili indizi, riesce a percepire il vero carattere, le aspettative e le manie di chi le sta di fronte. Questa pratica le riesce grazie a tre doti particolari: una brillante e spiccatissima intelligenza, una cultura profonda ma ad ampio spettro e un menefreghismo empatico che le mostra nudità cerebrali del suo interlocutore senza provocarle, o quasi, emozioni.
Questa sua abilità le è valsa un posto da ghostwriter presso le bicentenarie Edizioni L’Erica, ruolo che occupa con grandissimi risultati e nessuna soddisfazione; perché il ghostwriter, una volta compiuto il suo dovere, prende il suo misero stipendio e svanisce.
Rimpianti? Nessuno, del resto Vani è perfettamente in grado di bastare a se stessa.
Il suo look total-dark, l’amore per la solitudine e la capacità di restare chiusa in casa per giorni non sono soltanto un lato caratteriale, ma la condizione necessaria per immergersi nel lavoro, entrare in perfetta simbiosi con il cliente, anzi, trasformarsi in lui, diventare una Mister Ripley senza smanie di omicidio, una Zelig della scrittura, una Brachetti con soli abiti neri.
Finché… perché, non ve lo aspettavate un “finché”? Ovviamente tutte le storie più riuscite hanno degli imprevisti e Vani ne incontra addirittura tre, quasi contemporaneamente: Riccardo Randi, scrittore di enorme successo e uomo dalla bellezza sfolgorante, Bianca Dell’Arte Cantavilla, “comunicatrice angelica”, e il commissario Berganza, con l’aria sbattuta del perfetto poliziotto da romanzo.
Meglio non dire altro, perché L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome è innanzitutto un libro ricco di colpi di scena, di sorprese e rivelazioni, nonché di umorismo.

Tra battute fulminanti e citazioni letterarie, Alice Basso ci guida con grande perizia nel mondo dell’editoria e della narrativa; leggere il suo romanzo avvincente e spassoso è un metodo divertentissimo per conoscere i trucchi del mestiere di scrittore. 

giovedì 4 febbraio 2016

Gabriella Tessa, L'ultima volta

Lo sbirciò da dietro le spesse lenti che ormai era costretta a portare. A essere onesti, non lo trovava così bello da molto, molto tempo, non ricordava nemmeno più da quando.
Forse era stata la volta che Marilù li aveva scarrozzati per la campagna con l'auto decappottabile. Rivedeva  il cielo terso di aprile chiazzato di poche piccole nuvole che si inseguivano sopra le loro teste spettinate dal vento. Erano scesi nei pressi di un prato punteggiato di fiori e lui si era incamminato a grandi falcate in mezzo all’erba che gli saliva fin quasi a mezza coscia. Mentre Marilù stendeva la tovaglia a scacchi bianca e rossa e vi riponeva sopra il cesto di vimini pieno di ogni ben di Dio, con la coda dell'occhio lei aveva visto le  spalle squadrate di lui spuntare tra i fili d'erba e si era chiesta cosa diavolo ci fosse là in mezzo per fargli sfidare le ginocchia scricchiolanti. Poi se lo era ritrovato davanti con la manona screpolata che le porgeva ranuncoli e bocche di leone sistemati in un bel mazzo ordinato. Le aveva fatto tenerezza vederlo grande e grosso, con la testa canuta e gli occhi un po' appannati, sfoderare un sorriso pieno di promesse, come se tutta l'acqua passata sotto i ponti in quei decenni trascorsi insieme non avesse attenuato proprio niente, semmai solo un po’ addolcito.
O era stato quando il loro Tommy li aveva lasciati una fredda giornata di novembre. Quell’inverno e nei mesi successivi, mentre lei si aggirava per casa come un fantasma abbracciato al suo dolore, lui lottava per mantenere senno e pazienza, come un equilibrista a mani nude su una fune a dieci metri da terra  lotta contro la legge di gravità, ben conscio che un'eventuale caduta avrebbe significato la fine per tutti e due. Quando finalmente era riuscita a sporgersi dal pozzo della sua disperazione lo aveva trovato lì ad aspettarla, smagrito, stanco, con gli occhi buoni colmi di sollievo. E lo aveva scoperto infinitamente bello, come se il dolore gli avesse grattato via la superficie, per rivelarne l'anima.
Oppure la volta della sua unica colossale sbornia a casa di Pitt. Lui, sempre così parsimonioso di colpi di testa, quella sera aveva bevuto una tale quantità di Franciacorta, più un paio di bicchierini di Scotch, che a un certo punto Pitt e suo figlio lo avevano dovuto infilare in macchina di peso. E lei che non amava guidare era stata costretta a sfidare al volante quella trentina di chilometri, con la notte che si infilava dai finestrini inghiottendo tutto tranne loro due. Era stata l’unica volta in tanti anni che si era presa cura di lui. Una volta a casa sani e salvi, dopo averlo spogliato e sistemato sotto le lenzuola chiamandolo “vecchio ubriacone”, gli si era accoccolata accanto vestita di tutto punto e allora lui si era messo a piangere come un vitello e non la finiva più di tirare su col naso cercando la sua mano sopra il copriletto, mentre lei gli pizzicava le guance tragicomiche inondate di lacrime. Avevano dormito così, lui in canottiera e mutande e lei in tailleur e scarpe col tacco, proprio come due divi in una commedia americana.
E ora eccolo lì, composto e limpido, come sempre attento a non darle dispiaceri. Fino alla fine. Appena si era reso conto che la sua testa non riusciva più a metterla al centro di ogni pensiero aveva preferito andarsene e si era addormentato, quietamente, per non turbarla oltre il dovuto. Lei aveva mandato  tutti via, non aveva voluto sentire ragioni. Quella sarebbe stata l’ultima notte con lui ed era solo sua.

Gabriella Tessa è insegnante e vive a Giaveno
Ha collaborato alla raccolta di racconti Venti di montagna, Echos edizioni