Conoscere Massimo Tallone è come iscriversi ad
un’università straniera: all’inizio si prova una sensazione mista di
spaesamento e curiosità, poi, giorno dopo giorno, si entra in un turbine di
insegnamenti, amicizia, goliardia e crescita personale; in due parole: uno
spasso costruttivo. Leggere i suoi
romanzi è un po’ come conoscerlo, sentire la sua voce, la sua risata schietta e
rapida, vedere i suoi occhi brillanti e sagaci, magari attraverso la mediazione
dei suoi alter ego, sparsi tra i diversissimi personaggi dei suoi scritti. Tra
tutti la formidabile Lola, protagonista della serie ideata in collaborazione
con il geniale Biagio Fabrizio Carillo.
Lola è una ragazzina di sedici anni quando, colta
sul fatto durante il suo primo non concluso amplesso, viene aggredita dal padre
nel capanno degli attrezzi. La sua legittima difesa viene trasformata in
omicidio, con una condanna che la trattiene per sei anni in galera: sarà questa
la sua vera scuola di vita.
Avventura dopo avventura, Lola si trasforma. Da
ristoratrice creativa, diventa titolare di un negozio di gourmandises, il Caveau, che attira l’alta società torinese, ma
anche una serie di personaggi meno piacevoli, che la trascinano in indagini
spesso condotte suo malgrado. Uno di questi incontri è Guiscardo, investigatore
della Digos che la obbliga ad una collaborazione e, senza volerlo, resta
affascinato da questa donna energica, bella e spesso pungente.
Nelle Maschere
di Lola, il quarto episodio della serie (ma chiamare episodio questo
romanzo ricco di avvenimenti, colpi di scena e ritmo è decisamente riduttivo),
Tallone e Carillo ci catturano, come al solito, fin dalla prima pagina, dove assistiamo
agghiacciati ad una scena sconvolgente: un gruppo di donne distese sui gradini
di Piazza Solferino, ferite ed intrappolate in una rete da pesca. Non abbiamo
ancora avuto il tempo di respirare per la fine del capitolo, che siamo
trascinati nella cella frigo di un macello della campagna cuneese, e da lì, dopo
una veloce puntata alla meravigliosa gastronomia di Lola, nel lussuoso ingresso
di una villa torinese. Lì ci attende un cadavere, la testa insanguinata, le
membra scomposte sul pavimento.
Come noi, anche Lola non riesce a fermare la
rapidità degli eventi che la coinvolgono e, con la sua abituale rapidità di
reazione, capisce che deve scappare, da tutti, anche dagli amici. Nella sua
fuga dovrà trasformarsi ancora, travestirsi per attirare gli sguardi e
distogliere l’attenzione, dovrà indossare delle maschere per poter continuare
ad essere se stessa: la Lola che non vuole essere costretta da regole, che
combatte senza risparmiarsi.
Con la sicurezza che il camuffamento le concede,
Lola comincia ad investigare, cercando il bandolo di una matassa che rivela
sempre più nodi, scoprendo strani passaggi di mano e una battaglia che si fa
sempre più cruenta tra vegani e carnivori.
Percorre le vie di Torino e della provincia,
tornando a quello che sembra il punto d’origine di tutto: il vecchio capanno di
suo padre. Ma i rimandi non sono ancora terminati e da qui la trasformista si
sposta ancora, in un labirinto che è anche un gioco narrativo.
I due artefici di questo sottile gioco sono proprio
Tallone e Carillo, abilissimi nel mostrarci le mosse dei diversi protagonisti,
sempre secondo il punto di vista della nostra eroina, che ci trascina con sé
nella frenetica caccia alla verità. Ad accompagnarla, o ad ostacolarla, una giostra
di personaggi curiosi e stravaganti, incantevoli o detestabili, ma sempre
affascinanti. L’esotico Wasabi, la cui forza di carattere e la calma interiore sono
il frutto di esperienze negative e di un lungo lavoro di addestramento. La
dolce attivista Sonia, che vive circondata da piante grasse e ideali. E poi, un
misterioso barbone alcolizzato, un corpulento direttore di clinica, una donna
bella e acida e altri ancora, incaricati dai due autori di condurci lungo una
indagine che trascina e diverte, con lo stile brillante e ricco a cui la coppia
di autori ci ha abituato.