lunedì 23 febbraio 2015

Laboratorio di scrittura in montagna

Un’esperienza decisamente nuova e entusiasmante è stata il laboratorio di scrittura alla Palazzina Sertorio. L’idea mi era venuta in estate, durante un soggiorno di due giorni che mio marito mi aveva regalato all’Osservatorio per l’Ambiente, appunto la Palazzina Sertorio. Era il periodo in cui leggevo tutto quello che potevo, nella ricerca di spunti e materiale per il corso di scrittura e l’ostacolo che più di frequente mi si presentava di fronte erano le continue distrazioni.
Arrivati al rifugio, mi colpì il profondissimo silenzio da cui fummo avvolti. Mai, nelle nostre case, potremmo percepire una tale pace. Il fatto di trovarsi in alta montagna, lontani da ogni fonte di rumore, certamente aiuta: in mezzo ad un bosco di conifere e betulle, incuneati in una valle secondaria rivolta a nord, con i pascoli sul versante opposto e il divieto ad ogni mezzo a motore di salire sulla mulattiera.
Tutti elementi che forse potremmo sperimentare altrove, ma ciò che realmente fa la differenza è la mancanza di energia elettrica, per cui niente tv o radio, niente sciabordio di lavatrici o lavastoviglie e neanche il quieto ronzare di un frigorifero. I computer e i telefonini sono inutili, dato che non c’è campo (e dunque neanche le perforanti suonerie e cicalini). Il silenzio è talmente profondo da spiazzare e, al nostro arrivo, ci chiediamo cosa c’è di diverso, che ci fa sentire così bene.
L’atmosfera è calda, con il fuoco di legna (unico rumore: lo scoppiettio), i mobili di abete e le poltrone accoglienti; tutto avvolge e porta al riposo e alla meditazione, sostegni formidabili per uno scrittore.
In quei due giorni, tra una passeggiata e una cena squisita, io e mio marito leggevamo e scrivevamo con un’energia inusuale. Perché non condividere, allora, queste sensazioni con chi ha voglia di mettersi in gioco con la scrittura?
Christian, il gestore, fu subito d’accordo e partimmo con i dettagli organizzativi.
Il primo laboratorio si è svolto nei giorni 30 novembre e 1 dicembre 2013, ed è stato entusiasmante. Certo, il fatto che proprio al momento della partenza ci fosse regalata la prima, favolosa nevicata della stagione, portò quei due giorni al limite del sogno. 

giovedì 19 febbraio 2015

Sonia Rolando

Ho conosciuto Sonia Rolando al corso di scrittura narrativa. Autrice di poesie che, per sua stessa ammissione, nascono spontaneamente dai suoi stati d’animo, si era cimentata per la prima volta con un romanzo.
Al termine del corso mi ha sottoposto la prima stesura ed è stato per me un vero piacere poterla rivedere con lei e completarla in una pubblicazione.
È un romanzo di sentimenti, scaturito da una esperienza realmente vissuta, che l’autrice ha voluto scrivere quasi d’impulso, in sole due settimane, riprendendolo poi dall’inizio e rielaborandolo, per dargli quel tocco di necessaria astrazione che richiede ogni trama ispirata da un fatto autobiografico.
Controvento. Al di là del ponte è stata la mia prima esperienza con il self publishing e mi è servita per imparare molte strategie che non conoscevo. La casa editrice scelta da Sonia è ilmiolibro, collegata alla Feltrinelli editore, che stampa in cartaceo e pubblica in ebook, vendendo direttamente ai clienti. Questo mi ha permesso di capire come la pubblicazione on-line sia qualcosa di completamente diverso dal mondo editoriale a cui ero abituata: un mondo certamente più accessibile, ma anche caotico che, nei prossimi anni, subirà certamente evoluzioni interessanti, da tenere sotto controllo.




Corso settembre - ottobre 2013

Nei mesi di settembre e ottobre del 2013 si è svolto il mio primo corso di scrittura narrativa. L’ansia era tanta: si può insegnare qualcosa di così soggettivo come la scrittura? Si può trasmettere con delle regole la capacità di raccontare?
Una volta presa la decisione, ho passato mesi a rivedere i miei testi universitari, i manuali, in particolare nei due mesi estivi che hanno preceduto il corso, in cui avevo maggiore tranquillità. Ho raccolto appunti, ho elaborato materiale e ho scritto pagine e pagine di dispense. Poi ho cominciato a togliere, ad eliminare tutto ciò che poteva soltanto confondere: in cinque sole lezioni di due ore l’una volevo dare le basi, a chiunque ne avesse voglia, per imparare a scrivere.
Gli argomenti si snellivano, andavano all’essenziale, grazie ad una prima scrematura; ma quel che mi è servito di più, e anche tuttora mi serve più di ogni altra cosa, è stato il curare dei romanzi, sia di autori già affermati, che di esordienti. Nelle loro sviste e nelle loro qualità, ho scoperto quali erano i punti essenziali da esaminare e le lacune da colmare; quali erano, in pratica, le basi strutturali senza le quali non è possibile che una scrittura diventi narrazione.
Un altro aiuto mi venne dato dai romanzi letti, diciamo così, per svago. Perché un romanzo piace e un altro no?  
Ho cominciato a rileggere le opere che mi avevano colpito, sia di autori contemporanei che dei mostri sacri della letteratura. Cosa li legava e cosa li distingueva uno dall’altro?
Questi erano i punti degni di una discussione all’interno del mio corso, quelli che non possono assolutamente mancare se si vuole affrontare un’impresa così importante come la scrittura di un romanzo.

La difficoltà maggiore è stata quella di non sapere chi avrei avuto di fronte: qualcuno che aveva al suo attivo anni e anni di scrittura, magari sotto forma di romanzo chiuso in un cassetto, oppure qualcuno che non aveva mai provato a scrivere? Come accattivare le simpatie di ognuno senza annoiare gli altri? Questa è stata ed è tuttora la mia difficoltà maggiore: cercare di convogliare tutti verso un’unica modalità di lavoro; ma alla fine quella che sembrava una difficoltà si è trasformata in una risorsa. Ognuno lavora in un modo diverso e proprio in questo consiste la ricchezza dei corsi di gruppo.
La prima indicazione avrei potuto averla tramite un loro scritto, ma non qualcosa di già elaborato, magari ricontrollato per anni, bensì qualcosa scritto di getto per l’occasione. Così ho dato un primo titolo, che fosse abbastanza ampio da poter lasciare la libertà di creare, ma che costringesse a riflettere su cosa poteva essere racchiuso in quel titolo. Tempo per consegnare il racconto: una settimana. Man mano che ricevevo i racconti e li esaminavo attentamente, potevo comprendere le peculiarità dei partecipanti, le loro potenzialità da sollecitare.
Leggere le opere di ciascun autore è fondamentale per me, non per poter adattare il mio corso di scrittura alle loro particolarità, bensì per riuscire ad arricchirlo ancora. Ogni nuovo racconto mi regala stimoli, mi aiuta ad aggiungere spessore alle mie dispense, alle mie lezioni. Ogni stimolo che percepisco, lo rielaboro e li ritrasmetto amplificato.
Il primo corso si è concluso con mia grande soddisfazione e un rinnovato entusiasmo, che ho visto, nei successivi mesi, in molti degli iscritti, che si sono dedicati, e si dedicano, alla stesura di racconti e romanzi.


mercoledì 18 febbraio 2015

Perché un corso di scrittura?

Lavorare con i libri è un’esperienza meravigliosa, in qualunque punto della loro catena produttiva ci si trovi. Nella mia professione ho avuto la possibilità di gioirne a più livelli,
da quello che può sembrare il più banale, la semplice lettura, alla loro nascita e creazione.
Come libraia provavo un’enorme soddisfazione quando un cliente tornava per ringraziarmi di un mio consiglio, come semplice lettrice mi entusiasmo quando ho fra le mani un romanzo che riesce a coinvolgermi, a farmi riflettere, ad assorbire tutta la mia attenzione.

Quando ho cominciato a lavorare come curatrice, ho compreso che la mia responsabilità era ben diversa e che dovevo muovermi in ogni modo possibile per portare il romanzo al massimo delle potenzialità.
Nei diversi testi a cui ho messo mano, ho riscontrato sempre un grande entusiasmo: ogni autore vuole che la sua opera venga pubblicata, non per raggiungere la fama (risultato che, peraltro, non è mai semplice), ma perché venga letta. Chi scrive un libro vuole innanzitutto comunicare qualcosa che ritiene di grande importanza, e questo è un intento lodevole, da qualunque punto di vista si voglia osservare.
La comunicazione in narrativa non è facile, però, perché viene affidata non soltanto alla parola e al suo significato, come avviene nella saggistica, ma ad un insieme di elementi, che devono essere orchestrati tra loro in modo omogeneo e armonico. La trama deve scorrere senza intoppi, ma con divagazioni che la arricchiscano; i personaggi devono essere ben disegnati e muoversi nelle diverse fasi in modo consono ai loro caratteri e ai loro ruoli; i dialoghi devono essere accattivanti e portare avanti la narrazione in modo vivace. Lo stile e la prosa, rigorosi e impeccabili, devono essere elastici e adattarsi ai vari movimenti ritmici richiesti dalle sequenze. Per chiarire: pensate ad un film che vi è piaciuto, ai personaggi, ai dialoghi e alle vicende, e vi accorgerete che rispetta tutto quanto ho elencato qui sopra.
Al momento in cui si vuole scrivere un romanzo, di solito non si pensa affatto a tutto questo, ma si cerca di portare avanti la storia, con parole gradevoli, in modo che sia gradevole anche per chi la legge.

Da questa riflessione sono nati i miei corsi di scrittura, dall’esigenza di fornire agli autori tutti gli strumenti necessari per vedere la loro opera non più come una successione di parole, ma come un’armonica e completa struttura, le cui parti sono invisibili al lettore, ma percepibili nella bellezza complessiva.
Nei miei corsi di gruppo cerco di stimolare in ogni partecipante la creatività, insegnando ad osservare il mondo con occhi diversi, cercando spunti, personaggi, eventi nella vita di tutti i giorni. Do loro dei “compiti”, cioè dei racconti da scrivere, lasciando in parte libera la loro fantasia, ma anche costringendoli con titoli o incipit prefissati.
Imparare a conoscere le regole della narratologia è fondamentale, non fosse altro, per decidere di non seguirle.


domenica 15 febbraio 2015

Prigionieri di un passato, di Giulietta Gastaldo

Torino all'inizio del Novecento era una città splendente di luci e di speranze. Per le strade del centro le coppie eleganti si incontravano per andare a teatro e agli spettacoli di varietà. Le donne indossavano calze di seta e colli'di pelliccia e gli uomini offrivano loro il braccio per un giro in carrozza lungo i viali alberati della città.
Ludovica viveva in una bella casa, circondata da artisti: il nonno Giovanni Battista lavorava al famoso teatro dei burattini, suo fratello Edoardo, burattinaio, era spesso in tournée con il suo spettacolo e il giovane Antonio Mario, lo zio di Ludovica, era avviato verso una brillante carriera di decoratore. Tutto faceva pensare ad un futuro gioioso.
Poi, però, era arrivata la guerra e tanti giovani erano partiti per non tornare più. Alle case giungevano lettere terribili, che parlavano di sofferenze e soprusi.
Era iniziato un periodo buio, l’inverno dell’Italia. Ludovica, giovane sposa e mamma, aveva visto l’ascesa di Mussolini e aveva assistito, senza poter fare nulla, alle scelte aberranti di un personaggio ai limiti della follia. Col passare degli anni il fascismo era entrato nel pieno del suo vigore ed era iniziata una seconda guerra, ingiusta e smisurata. La gente aveva cominciato ad aver paura: le violenze contro chi non era fascista, le restrizioni e i fanatismi crescevano di anno in anno. I giovani, partiti come soldati, scomparivano nel rovente deserto africano o nelle steppe della pianura russa; chi li aspettava a casa pativa la fame e la miseria.
Ludovica, già provata da lutti e privazioni, era dovuta fuggire da una Torino irriconoscibile fin sui monti della Val Sangone, nel cuore la speranza di tornare presto alla sua adorata città. Non avrebbe mai immaginato di dover vivere sradicata da tutte le sicurezze, di dover assistere a violenze indicibili, di cui anche la sua famiglia sarebbe stata vittima.
Ed ora, a distanza di decenni, Giulia non può capire, non può nemmeno immaginare, nella sua innocenza di bambina, cosa hanno visto gli occhi di quella anziana donna nella sua gioventù, non sa a quali violenze suo padre abbia dovuto assistere da ragazzino.
 
Giulietta Gastaldo


sabato 14 febbraio 2015

Giulietta Gastaldo

Nel dicembre 2013 vede la luce la prima fatica letteraria di Giulietta Gastaldo, il romanzo Prigionieri di un passato, edito da Il Punto di Torino. In parte autobiografico, il libro ha richiesto all’autrice esordiente mesi di lavoro, per la raccolta del materiale di famiglia, la documentazione storica che copriva un arco di cinquant’anni, e infine la sua rielaborazione in un testo narrativo. 
Io e l'autrice alla presentazione di Villa Favorita
a Giaveno
Il punto di partenza le è stato suggerito dalle opere del pittore Antonio Mario Guglielmino, bisnonno dell’autrice, la cui vita interessante era già di per sé spunto per un romanzo. Da qui la ricerca dei documenti familiari ha dato molte nuove idee alla Gastaldo.
«In casa c’erano delle carte che mio padre e mia nonna non avevano mai voluto mostrarmi. Non è stato facile leggerle e scoprire lati dei miei antenati non sempre felici» mi ha detto l’autrice in uno dei nostri primi incontri.
Gianni Oliva presenta Giulietta Gastaldo
al Circolo del Lettori di Torino
Lettere, documenti privati, fotografie, libretti militari di soldati al fronte, annuari scolastici hanno costruito pian piano la base di una lunga narrazione, che Giulietta ha arricchito con la sua fantasia, accostando episodi storici e documentati, a sequenze vivaci e dialoghi creati dalla sua mente.
Le vicende familiari l’hanno portata ad attraversare un cinquantennio del secolo scorso, e l’hanno guidata dalla città di Torino al paese di montagna Giaveno, negli anni sconvolgenti della Resistenza.

«Sono storie che causano ancora dolore» ha commentato lei alla prima presentazione ufficiale del libro. «Sono trascorsi settant’anni, ma restano nelle famiglie delle ferite profonde. Per questo ho scelto di non esprimere opinioni o giudizi, ma di riportare i fatti come la storia ce li ha consegnati». 

Massimo Tallone a Rivalta

Massimo Tallone è uno scrittore affermato e poliedrico. Al suo attivo ha numerosi gialli che vedono come protagonista un personaggio memorabile: il Cardo. Lurido, privo di remore morali e al di fuori di ogni convenienza sociale, il Cardo vivacchia di espedienti filosofeggiando con il lettore. 

In parallelo a questa felicissima produzione, Massimo Tallone scrive romanzi di diverso spessore. Di questi fanno parte le opere pubblicate dalla casa editrice E/O: Il fantasma di piazza Statuto Il diavolo ai giardini Cavour.
Ed è proprio questo suo ultimo romanzo che ho avuto il piacere di presentare alla Libreria di Rivalta nell'ottobre del 2013.
Un romanzo delicato eppure coinvolgente grazie al protagonista costruito con perizia narrativa e abilità di scrittura.


Per conoscere le mille attività di Massimo Tallone : 

lunedì 9 febbraio 2015

Don Ciotti alla Maddalena di Giaveno

Venerdì 12 luglio 2013 don Ciotti è intervenuto alla Maddalena di Giaveno, invitato da don Gianni Rege, parroco della frazione, per una conferenza sul tema della Libertà.
L'incontro con il sacerdote da sempre a fianco degli umili era inserito in una rassegna che coinvolge opinionisti, operatori e scrittori, in dialogo con artigiani ed agricoltori. Il tema fondamentale affrontato in queste serate è quello della possibile vita in montagna, resa ancor più complicata dalle problematiche che la burocrazia obbliga ad affrontare. 

- Don Gianni mi ha chiesto di parlare di Libertà - ha esordito il sacerdote, - e io non posso farne a meno. I giganteschi problemi dell’Italia di oggi sono tutti legati all’assenza di libertà. Non c’è libertà se non c’è lavoro, se la gente è povera, se deve ricorrere all’usura. I dati statistici riferiscono di 2.100.000 ragazzi che hanno abbandonato gli studi e che adesso sono senza lavoro; molti ricorrono ad azioni illegali, alla prostituzione. Ecco la perdita di libertà. - 


Il fondatore del Gruppo Abele e di Libera ha così avviato un lungo monologo, di frasi nette, taglienti, che non lasciano dubbi su quello che il sacerdote considera il compito di ognuno di noi.
- La mafia al nord non solo esiste, non solo ci sono infiltrazioni, ma è ben gestita e ben organizzata. Notizia di oggi: in Piemonte sette arresti per ‘ndrangheta, Bardonecchia è stato il primo comune commissariato per infiltrazione mafiosa. I grandi investimenti sono i frutti che la mafia non esita a cogliere. Ma lavoro ne è stato fatto e continueremo a farlo, sempre più intenso, sempre più accanito grazie ai giovani e alle loro energie. - 
La mia introduzione

mercoledì 4 febbraio 2015

Alessandro Perissinotto, Le colpe dei padri

Con Le colpe dei padri, edito da Piemme, Alessandro Perissinotto affronta un tema attualissimo: la Ristrutturazione aziendale, ovvero quelle manovre in parte subdole che una azienda in crisi può scegliere di adottare per salvare la ditta, anche se, in quel modo, affonda i dipendenti.
Per questo romanzo Perissinotto è arrivato secondo per un soffio al Premio strega 2013, dopo un testa a testa con Walter Siti, poi vincitore con Resistere non serve a niente, edito da Rizzoli.

- Ho voluto ricreare l'atmosfera della Torino anni settanta, quella povera degli immigrati che dal sud Italia venivano destinati alle case misere e inscatolate della Falchera - spiega l'autore al pubblico intervenuto alle presentazioni. - Per questo ho colmato una delle mie lacune geografiche: sono andato a visitare quel quartiere ora fatiscente, ma ancora più povero, se possibile. -
Perissinotto alla fiera del libro di Rivoli

Non è la Torino degli anni di piombo, quella descritta da Alessandro, ma una Torino che fatica ad accettare l'immigrato, che non riesce ad integrarlo.
Tutto questo osservato con lo sguardo privilegiato di un dirigente, che all'improvviso, a causa di uno scambio di persona, deve riconsiderare tutta la sua realtà sotto un punto di vista molto diverso.
Il collegamento con la crisi attuale della FIAT è fortissimo, anche se non viene mai nominato nulla che possa venire paragonato alla fabbrica torinese.

Perissinotto raggiunge con Le colpe dei padri un livello di altissima qualità narrativa. La sua scrittura curata al massimo trascina il lettore, che non si accorge di tanta bravura, ma percorre le fasi della trama con sempre maggiore coinvolgimento. Lo sguardo distaccato del narratore, alter ego dello stesso Alessandro, ci mostra la vicenda da un punto di vista privilegiato e non completamente coinvolto, permettendoci di considerare le scelte del protagonista senza esprimere giudizi.