sabato 23 settembre 2017

Pillole di scrittura 3. Il tempo per scrivere

Sicuramente voi che leggete questo post siete degli appassionati di lettura e, appena possible, correte agli incontri con gli autori. Vi piace scoprire dalla loro stessa voce come gli scrittori descrivono la loro ultima opera, il loro lavoro, e spesso li sentite parlare della genesi del loro libro. Allora ve li immaginate seduti al computer, chini sul monitor a smanettare sulla tastiera come forsennati, o con la testa fra le mani in cerca delle parole perfette per descrivere una situazione o uno stato d'animo. Magari vi spingete fino a vederli scattare dalla sedia, afferrare al volo un cappotto logoro ed uscire a camminare nel freddo di una notte d'inverno, assetati di idee. 
Vi sembra che quell'uomo o quella donna, che sanno creare con le loro parole scritte mondi fantastici, sentimenti e intrecci formidabili, abbiano un potere soprannaturale, che voi non potrete mai conquistare.
Forse, però, a quella presentazione c'è anche un lettore più curioso e coraggioso di voi, che osa spingere la sua spavalderia fino a chiedere al famoso scrittore: 
- Qual è la parte più difficile della stesura di un romanzo? -
Allora, dopo aver preso fiato, l'autore forse risponderà che è l'inizio, perché l'incipit deve essere d'effetto, coinvolgente senza svelare troppo. O forse dirà che è il finale, ovvero il momento in cui la storia deve essere conclusa e i personaggi abbandonati. O ancora le fasi preliminari, quando deve essere compilato lo schema della trama, o devono essere scelti i nomi adatti ai caratteri, o l'ambientazione, e così via. 
Ma se il vostro autore fosse davvero sincero, la sua risposta sarebbe: 
- La parte più difficile della scrittura è trovare il tempo per scrivere. -
E in quel momento l'abisso che separa il Mago della penna dal suo pubblico attento sembra colmarsi, quella donna osannata dai critici, a cui poco fa è stato consegnato un premio prestigioso, quell'uomo con la barba curata-ma-non-troppo che tanto spesso avete visto in foto nelle pagine culturali, all'improvviso sembrano più umani, più simili a voi. Ed effettivamente è così, perché la prima vera difficoltà che anche voi dovrete superare sarà trovare il tempo da dedicare alla scrittura. 
Quindi, cominciate a prendere la vostra agenda e scrivete un appuntamento con la vostra storia, perché scrivere è per prima cosa un impegno con voi stessi.

martedì 19 settembre 2017

Pillole di scrittura 2. Scrivere è immaginare.

Rispetto alla pillola di scrittura 1, sono costretta a fare un  passo indietro. Se è vero che si deve cominciare a scrivere da ciò che si conosce, ovvero dalla nostra storia, dal nostro passato, da ciò di cui abbiamo esperienza diretta, è anche vero che in questo caso si cade nell'autobiografia.
La narrazione è tutt'altro. 
La narrazione è invenzione, è giocare con i destini dei personaggi, creare situazioni, immaginare, usare la fantasia. 
Certo, tutto ha origine dalla nostra esperienza, ma non solo, anche dalla nostra cultura, di ciò che abbiamo saputo solo tramite altri racconti, letture, immagini. Sono proprio questi i semi che faranno germogliare e crescere la nostra fantasia. 
Dunque partiamo da noi e cominciamo a scrivere. Raccontiamoci; raccontiamo la nostra infanzia, narriamo un episodio della nostra adolescenza, ripeschiamo riminiscenze scolastiche dalle ragnatele dei ricordi. 
E poi decolliamo, stacchiamoci da noi stessi ed entriamo in una dimensione diversa: quella dell'immaginazione.
Sono stato a scuola dalle suore? Bene, esageriamo: il mio protagonista avrà studiato in un collegio estremamente rigido, dove l'educazione era punitiva.
Ho avuto un'infanzia spensierata grazie al rapporto di estrema confidenza con la mia unica sorella? Il mio personaggio avrà una gemella identica; oppure di fratelli ne avrà quattro, ognuno con un carattere ben definito, completamente diverso da quello della mia reale sorella. 
E poi via, diamo vita ad altri personaggi. All'inizio saranno magari simili alla nostra acida vicina di casa, o ad un prozio di cui serbiamo ancora ricordi affettuosi. Ma poi anche questi dovranno svaporare ed entrare nel regno della vera creazione narrativa.

sabato 16 settembre 2017

Pillole di scrittura 1. Scrivere è un'esperienza intima

La scrittura è davvero un'esperienza molto intima. Se questo vale certamente quando ci rivolgiamo al nostro diario, trattandolo magari come un amico o un interlocutore segreto, non pensiamo che sia differente per la scrittura narrativa.
Creare una storia, inventare una trama intrecciata, farla vivere da personaggi che agiscono in un ambiente anch'esso creato da noi non vuol dire prendere le distanze dalla nostra esperienza, anzi. Per questo le difficoltà spesso compaiono all'inizio e alla fine della stesura.
Generalizzando, ci sono due modalità per iniziare a scrivere un romanzo o un racconto.
La prima è quella impulsiva, per cui abbiamo la sensazione che una vicenda, un evento siano capitati soltanto per sollecitare la nostra fantasia di narratori. Osserviamo una lite dal finestrino del treno, leggiamo una notizia sul quotidiano, ci svegliamo con la mente fervida a causa di un sogno terribilmente vivido e coinvolgente. Ed ecco che, appena possibile, ci precipitiamo al computer, o afferriamo il nostro quadernetto e scriviamo, di getto, quasi senza riflettere su parole o frasi.
La seconda modalità è quella costruita: finalmente abbiamo un pomeriggio tutto per noi, con la casa vuota, nulla di importante da fare e una gran voglia di mettere nero su bianco le nostre parole. Può sembrare che in questo caso la distanza tra ciò che scriviamo e il nostro vissuto sia più ampia, ma non è così. Ogni volta che noi creiamo una storia, anche senza volerlo mettiamo molto di noi stessi, e non solamente le nostre emozioni superficiali o le nostre impressioni passeggere.
Questa è la ragione per cui spesso lo scrittore, soprattutto l'esordiente, teme la pubblicazione: gli sembrerà, una volta stampate su carta e passate di mano in mano, che le sue parole abbiano preso un significato diverso e stenterà a riconoscersi nelle recensioni, nelle critiche, nei giudizi inevitabili dei lettori.
Però è questa la sua vera missione: trasformare un'emozione privata in qualcosa di ampio, qualcosa che possa coinvolgere le altre persone, che entri nella mente e nel cuore di chi la scoprirà solo leggendo il suo romanzo.



mercoledì 13 settembre 2017

Paolo Picco, L'era di Osion, Periale Edizioni

Nello spazio letterario attuale del genere fantasy, occupato pressoché totalmente dal gigantesco successo del Trono di spade, non è facile rintracciare nuovi romanzi validi, specialmente di autori esordienti. Il lettore fantasy è difficile da soddisfare: vuole trovare, tra i canoni letterari consueti, a cui è affezionato, nuovi stimoli e emozioni.
In questo è riuscito l’autore Paolo Picco, esordiente con il romanzo L’era di Osion, primo volume di una saga legata al personaggio protagonista, Amaron.
Amaron è un giovanissimo principe, addestrato suo malgrado al combattimento e al comando. Nel suo primo viaggio diplomatico attraverso il regno di Hisas, inviato da suo padre perché i sudditi possano conoscere il loro futuro re, il giovane scoprirà invece la sua vera natura.
Un vecchio soldato, incontrato in una locanda, gli svelerà il suo passato, la storia dei Sette Regni che costituiscono il suo mondo e gli aprirà lo sguardo verso un possibile futuro.
La regina Ashlynn, che siede sul trono di Orus, ha visto lo stesso futuro e le sue orribili, devastanti possibilità. Per questo ha deciso di affidare alla splendida figlia Siusan e al capitano delle guardie una missione delicata quanto pericolosa.
Quello che la regina ancora non sa è che, nella fiorente città mercantile di Seyl, vive un uomo abile e generoso, le cui scelte potrebbero divenire fondamentali per la Terra dei Sette Regni, nella battaglia contro il potente nemico.

Paolo Picco crea personaggi non stereotipati, di spessore, che incuriosiscono e convincono. L’eterea e affascinante Siusan è in realtà una donna forte e una combattente esperta; l’astuto Mastro Glenn è un abile commerciante, ma anche un uomo generoso e capace.
La lotta contro l’oscuro nemico è spesso spiazzante, le sue armi sembrano invincibili, ma il legame con la madre terra sarà fondamentale per gli esiti delle battaglie.
Così, tra spiagge sconfinate, foreste impenetrabili e specchi d’acqua immensi, Picco trascina il lettore verso la fine di questo primo avvincente episodio. 

venerdì 1 settembre 2017

Corso di scrittura narrativa a Coazze

Corso di scrittura narrativa
in 4 lezioni 
Dall’idea al libro

presso la sede della

 Borgata Carrà 1, Coazze (TO)


Le lezioni, di due ore ciascuna, avranno luogo per quattro giovedì consecutivi, nell'orario: 18  -  20
Date: 28 settembre, 5, 12 e 19 ottobre.

Costo: 100 euro

Per iscrizioni e informazioni:
mariateresa.carpegna@gmail.com

Il corso è indirizzato a tutti coloro che vogliono conoscere o approfondire le tecniche narrative, per la stesura di romanzi o racconti e per affrontare i passi che possono portare alla pubblicazione

Alle lezioni teoriche alterneremo l'analisi delle tecniche stilistiche e narrative dei migliori autori.
Al termine delle prime due lezioni, i partecipanti saranno invitati ad esercitarsi a casa con la scrittura di un racconto a tema fisso.

- Da dove nasce un romanzo? Qual è la spinta valida per scrivere? Il talento si può creare?
- Cosa cerca un editore in un testo, per trasformarlo in un libro di successo?
- La mia scrittura deve essere spontanea o seguire regole ferree?
- Cosa distingue un bel romanzo da un romanzo mediocre? Che differenza c'è tra un racconto e un romanzo?
- Come si creano personaggi indimenticabili?
- Qual è il genere più adatto al mio stile?
- Come posso alternare in modo efficace scene d’azione concitata, momenti riflessivi, dialoghi brillanti e descrizioni coinvolgenti?
- Ho scritto cinquanta pagine di getto, ma adesso non riesco a proseguire. Esiste un metodo per uscire dal blocco dello scrittore?


Queste sono soltanto alcune delle domande a cui cercheremo di dare una risposta, che sia valida per ogni partecipante, ma che evidenzi le singole voci narrative di ciascuno.


Perché scrivere è sempre una fantastica avventura.

martedì 25 luglio 2017

Corso di scrittura alla Palazzina Sertorio

Corso - laboratorio di
Scrittura narrativa
Il silenzio delle montagne
 venerdì 4 e sabato 5 agosto
alla
Palazzina Sertorio
con Maria Teresa Carpegna

Chiusura iscrizioni: mercoledì 2 agosto ore 20

Ritrovo al rifugio Palazzina Sertorio (per indicazioni cliccate qui) alle ore 14,30 di venerdì 4 agosto. Termine corso sabato 5 agosto, alle ore 12
Costo per merenda, cena, pernottamento, colazione e corso di scrittura: 80 euro
Info e prenotazioni: mariateresa.carpegna@gmail.com
tel: 3282185043 Christian Ostorero

Nei due giorni di laboratorio alterneremo lezioni teoriche di scrittura narrativa a letture di testi d’autore, evidenziando le tematiche legate alla montagna, al silenzio, alla fatica di una vita in quota. Ad ogni punto affrontato verrà legato un momento di scrittura personale, in cui ogni partecipante potrà lasciare libera la fantasia, seguendo però la tematica affrontata e le indicazioni teoriche.
Portate un quadernetto e una biro.
Per informazioni dettagliate scrivetemi a mariateresa.carpegna@gmail.com

 Al Rifugio Palazzina Sertorio si arriva con un'ora di cammino lungo una strada molto agevole (ma non percorribile in auto, per divieto). Per informazioni: 
+393282185043 Christian Ostorero.
Christian e Cristina ci accoglieranno con un'ottima ristorazione e un ambiente perfetto per la scrittura: un rifugio in pietra con arredi in legno e un folto bosco, con tavoli immersi nel verde, ideale per lasciare libere le nostre penne. 
Importante: non c'è campo per il telefono e per internet.




domenica 9 luglio 2017

Renata Stoisa racconta la nascita del romanzo "Uscimmo a riveder le stelle"

Nella Torino ghiacciata la fragilità umana diventa forza


Il suo ultimo romanzo, Uscimmo a riveder le stelle, ci mostra una Torino futuristica avvolta dalle nubi e dal freddo. Da cosa è nata l’idea di ambientare il suo scritto nel 2033?
R. I personaggi del romanzo dovevano muoversi in uno scenario totalmente inospitale, quindi diverso da quello a cui siamo abituati. Era necessario inventare un evento che creasse il nuovo scenario. Non volevo allontanarmi dai luoghi che mi sono familiari, quindi ho immaginato Torino nel 2033 dopo un cambiamento climatico improvviso causato da due eventi concomitanti: un terremoto e un’eruzione vulcanica.
Tutto ha inizio a causa di due avvenimenti catastrofici: l’eruzione di un vulcano situato in Alaska e il temuto Big One, il terremoto devastante in California. Si è ispirata a fatti di cronaca o è stata la sua creatività a suggerire questo possibile scenario?
R. Purtroppo la cronaca negli ultimi dieci anni mi ha fornito molti spunti. L’eruzione del vulcano islandese dal nome impronunciabile che causò l’interruzione dei collegamenti aerei per un mese, lo tsunami in Giappone, i terremoti dell’Aquila, dell’Emilia, del centro Italia…
I cambiamenti climatici sono spesso fonte di notizie sui media, ma non spaventano quanto invece le azioni violente dell’uomo. Pensa che la massa fatichi a comprendere fino in fondo la portata dei mutamenti ambientali causati dall’uomo?
R. Vero, le guerre, anche quelle lontane, spaventano di più. Il cambiamento climatico invece è accettato con un certo fatalismo anche dalle persone più consapevoli e informate. Alcuni ritengono che sia il prezzo da pagare per non dover rinunciare al benessere conquistato dai cosiddetti paesi sviluppati, altri preferiscono pensare che l’attività umana non sia responsabile di tale cambiamento. Quando i fatti sono indipendenti dalla nostra volontà, si tende a rimuoverli, per non dover ammettere i nostri limiti. È più rassicurante parlare di una tragedia, come la guerra, causata completamente dall’uomo che di un cataclisma fuori dal nostro controllo. Ammettere che le cose accadono indipendentemente da noi, obbliga a pensare e a riflettere su argomenti scomodi e difficili.
Amitav Gosh ha presentato al Salone del libro di Torino una conferenza sul clima che ha avuto echi e ripercussioni nel mondo letterario. La sua tesi è che la letteratura non parli di cambiamenti climatici in atto. Lei pensa che ci sia un reale timore ad affrontare simili tematiche?
R. Quando ho letto l’intervista di Amitav Gosh, ho pensato che se una persona del suo calibro si interrogava sull’assenza, nei romanzi, del tema cambiamento climatico, beh allora, con il mio Uscimmo a riveder le stelle stavo accogliendo il suo invito, ma anche correndo un bel rischio. Perché indubbiamente il tema è difficile. C’è il pericolo di scivolare nel genere apocalittico, oppure nella fantascienza. Gosh ha ragione. Per uno scrittore affermato è meglio evitare il tema, sa che i lettori preferiscono argomenti anche crudi, ma meno inquietanti: in un thriller c’è sempre un bravo commissario che risolve il caso, in una storia di violenza si può sempre individuare il cattivo. Ma se il terremoto distrugge il centro storico dell’Aquila è difficile impostare lo schema classico: protagonista- antagonista. Un romanzo non è un’inchiesta o un articolo di giornale, in cui si può andare a caccia dei colpevoli partendo dall’inefficienza dei soccorsi o dai ritardi della ricostruzione. 
L’incipit di Uscimmo a riveder le stelle è folgorante: mostra un’umanità sperduta perché isolata da Internet e da quelli che ormai sono diventati i nostri rapporti umani: i Social Network. Nelle pagine successive, i personaggi si sono perfettamente adeguati al nuovo ordine delle comunicazioni. Vede questo cambiamento come positivo? Si spinge ad auspicare un ritorno alla comunicazione verbale o personale?
R. No, ovviamente. Spero proprio che ciò che racconto nel romanzo non debba mai succedere. Lo scenario del romanzo è il pretesto per porre il tema. Ritornando a Gosh, penso che la paura di ciò che sfugge al nostro controllo non debba impedirci di porci domande su come possiamo affrontare situazioni spiazzanti, senza, per questo, restare schiacciati dalla consapevolezza della nostra fragilità. Perché questo è il punto. A nessuno piace ammettere di essere impotente e fragile, soprattutto all’uomo occidentale che è ancora immerso nel mito novecentesco del valore salvifico della scienza. Un terremoto, l’eruzione di un vulcano sono eventi che l’uomo non può controllare. L’idea di dover subire le conseguenze tragiche di un fenomeno naturale è inaccettabile per alcune persone. Purtroppo però, bisogna accettare la realtà. La realtà ci dice che, nonostante gli enormi progressi compiuti dall’umanità, ci sono ancora forze che non possono essere controllate. E allora? Possiamo parlarne? E magari scopriremo che è possibile andare oltre.
La storia ci insegna che l’umanità non si è mai arresa davanti agli eventi più tragici. Lo spirito di sopravvivenza è ben radicato nei nostri geni. L’uomo, sia come individuo sia in quanto animale sociale, è capace di affrontare qualsiasi prova e di rigenerarsi in modo sorprendente. È successo quando le grandi civiltà dell’Africa e dell’Asia minore sono finite, è successo quando la peste ha decimato la popolazione in Europa, è successo quando le carestie hanno costretto popolazioni intere a migrare alla ricerca di nuove terre, sta succedendo oggi sotto i nostri occhi, ogni giorno, a persone diverse e dalle quali qualcuno si sente minacciato.
Mi sono chiesta: e se succedesse anche a noi? 
Questo ultimo romanzo si stacca nettamente dalla sua produzione letteraria precedente: due saggi storici e un romanzo di introspezione fortemente legato alla storia italiana del Novecento. Questo romanzo distopico, ambientato in un futuro freddo e senza sole, ha comunque un collegamento con le sue opere precedenti? Qual è il filo conduttore?
R. L’ambientazione e la trama dei libri sono sempre lo spunto per parlare di qualcosa che ci sta a cuore. Nella vita, secondo me, ciò che conta sono le relazioni umane. Le situazioni, sia reali sia immaginarie, possono essere diversissime, le relazioni umane invece rispondono sempre agli stessi sentimenti: amore, amicizia, solidarietà, condivisione. Naturalmente c’è anche il contrario: l’indifferenza, l’egoismo… Quando scrivo, sia un saggio storico, sia un romanzo, preferisco mettere in luce i sentimenti positivi. Mi piace raccontare storie dove ci sono buone relazioni umane. Questo vale anche in un Uscimmo a riveder le stelle, romanzo distopico, dove l’ambiente è difficile.
La Storia ha anche in questo libro un’importanza fondamentale, sia come confronto ai fatti che stanno accadendo nel momento attuale, sia come passato da non cancellare. Quale potrebbe essere il ruolo della Storia nelle nostre vite?
R. Sono abituata a guardare la realtà andando oltre ai fatti in quanto tali, ma confrontandoli a quelli del passato. E sorprendente la quantità di analogie che vengono fuori. Si ha la sensazione che il passato continui a ripresentarci scelte e situazioni sempre uguali, nella sostanza non nella forma. Le stesse sfide, le stesse opportunità. Noi pensiamo che tutto cambi, ma in realtà non è così.
Renata Stoisa è un’insegnante di Matematica. Come nasce la sua passione per la scrittura? Qual è stato lo stimolo iniziale?
Invidia verso le colleghe di lettere? Da ragazzina volevo imitare miei scrittori preferiti. Ho cominciato a scrivere parafrasando le poesie degli ermetici…
C’è già un nuovo scritto all’orizzonte?
R. Sì, un romanzo storico.
Se dovesse dare un consiglio ad un giovane che vuole tentare la strada della narrativa, quale sarebbe?
R. Leggere tanto.






sabato 24 giugno 2017

Renata Stoisa, Uscimmo a riveder le stelle, Periale Edizioni

La Torino fredda e buia di Renata Stoisa scalda il cuore

Giunta al suo quarto lavoro editoriale, Renata Stoisa si reinventa e crea una vicenda tanto attuale quanto imprevedibile. Lasciata da parte la storia, l'autrice entra in un mondo futuristico e costruisce un ambiente inquietante eppure realistico.

Siamo nel 2033, Torino è rimasta la stessa che conosciamo bene: nessun palazzo crollato, nessun bombardamento a scavare buche nell'asfalto e nella memoria. Una cappa di pulviscolo e gas ha ricoperto il cielo nel 2020, accumulandosi in uno strato così alto da non poter più essere smaltito. E' stata l'eruzione imprevista del Katmai, unita ad un catastrofico terremoto in California, a devastare il clima del vecchio continente e l'economia mondiale.
L'uomo, in tutto questo, non ha colpa, se non quella di non aver saputo prevedere, di essere rimasto inerte e impotente di fronte all'emergenza, troppo intento a programmare il domani per accettare di essere fragile e inerme.
Dopo il doppio cataclisma, molti hanno lasciato le terre inospitali per rifarsi un futuro. Qualcuno, però, non si è arreso. Legati alla città dalla famiglia, dagli affetti, da una precedente sicurezza economica, hanno rielaborato le loro conoscenze e le loro capacità, adattandole a nuove esigenze di sopravvivenza e a nuove regole di vita comune.
Chiuse le stanze inutili dei loro appartamenti lussuosi, sostituiti tailleur e blazer con pantaloni da sci e giacche tecniche, hanno imparato ad accendere un fuoco e a cucinare con pochi ingredienti, sempre gli stessi.
Non tutti ci riescono: le fragilità interiori trovano terreno fertile nelle difficoltà materiali; le priorità si sovvertono, richiedendo forza ed elasticità.
La speranza, però, esiste e trova il nido in cui crescere nei giovani, nel loro desiderio di ribellione che trascina anche gli adulti verso una nuova possibile rinascita.

lunedì 29 maggio 2017

Laboratorio scrittura young adults

Sabato 10 giugno a Coazze, 
dalle ore 10 alle ore 17
Borgata Carrà 1
Laboratorio di scrittura narrativa  
Scrivere romanzi per giovani adulti

I giovani leggono poco? Se è vero, perché? Se invece non è vero, cosa leggono?
I romanzi destinati ad un pubblico giovane devono avere caratteristiche particolari? Quali sono gli stili che i giovani prediligono? E le tematiche?

Scrivere per i giovani è come scrivere per adulti, con la differenza che i giovani sono molto più esigenti e non si accontentano di un buon inizio, di una trama avvincente o di un bel protagonista: vogliono tutto.

I romanzi destinati ad un pubblico di giovani adulti devono affrontare tutte le tematiche, senza temere di spaventarli o annoiarli. 

martedì 14 marzo 2017

Massimo Tallone, Corso di scrittura noir, a Coazze

Corso di scrittura noir
in due giornate

Sabato 25 marzo e sabato 1 aprile, 

dalle ore 14,30 alle ore 18,30

Massimo Tallone
scrittore e saggista,
terrà un corso di scrittura noir in due appuntamenti. 

Il corso, in due lezioni di quattro ore ciascuna, si terrà a Coazze.

Massimo Tallone si occuperà della teoria alla base della creazione 
di un'opera narrativa di genere noir e svilupperà alcune tecniche di composizione e malizie d'autore.
Offrirà anche la valutazione di un testo di 8 - 10 cartelle. 

Il costo del corso è di 100 euro + IVA


Per informazioni:

lunedì 13 marzo 2017

Luca Rinarelli, Inverno rosso, Eris

Dicembre, freddo. Torino è buia, ovattata dalla nebbia, dalla pioggia mista a neve. I marciapiedi sono ingombri di poltiglia, difficili da percorrere, impossibili per dormirci la notte.
Il professor Di Mino cammina guardingo, lungo le stradine deserte della Crocetta, in una gelida notte di dicembre. La sua casa è blindata, sorvegliata, eppure non si sente tranquillo; solo una volta entrato tra le sue mura, una volta ascoltati i respiri lenti della moglie dei figli, potrà forse rilassarsi.
Non molto lontano, su un binario morto tra due stazioni di Torino, cinque moldavi dormono su un vagone abbandonato; soltanto uno di loro si accorgerà dell’incendio che li sta uccidendo e capirà il perché, prima di morire.
Le luci di Natale non illuminano le strade di Inverno rosso, se non per sottolineare la povertà e la solitudine di chi vive oltre i margini della società cosiddetta civile. Werner non ha oltrepassato quei confini, ma ci è andato molto vicino. Il suo passato non è di quelli da raccontare agli amici, che poi non sono molti: il suo carattere chiuso, la sua voglia di restare defilato, nell’ombra, non gli hanno permesso di creare facilmente legami stabili. Forse per questo trova così piacevole la compagnia dei clochard, simili a lui, eppure così diversi tra loro. La loro schiettezza, la loro sincerità burbera e folle sono garanzia di onestà, quella che Werner fatica a trovare persino in se stesso.
Alfredo è quello che forse gli somiglia di più, quello per cui si sente protettivo, Alfredo che viene trovato assiderato davanti a Palazzo Nuovo. Non certo una notizia da prima pagina, ma Ilenia, cronista di Radio Flash, pensa che invece valga la pena di far sapere ai suoi ascoltatori cosa è accaduto.
È l’inizio di un’indagine molto particolare, che porta il lettore a scoprire un mondo di cui forse preferirebbe non sapere niente. 
Con prosa asciutta e schietta, Rinarelli ci guida nel mondo nascosto dei barboni, provocandoci emozioni forti senza inutili orpelli stilistici, ma solo con la narrazione dei fatti. 
Da leggere

mercoledì 8 febbraio 2017

Tallone & Carillo, Le maschere di Lola, Il capricorno

Conoscere Massimo Tallone è come iscriversi ad un’università straniera: all’inizio si prova una sensazione mista di spaesamento e curiosità, poi, giorno dopo giorno, si entra in un turbine di insegnamenti, amicizia, goliardia e crescita personale; in due parole: uno spasso costruttivo.  Leggere i suoi romanzi è un po’ come conoscerlo, sentire la sua voce, la sua risata schietta e rapida, vedere i suoi occhi brillanti e sagaci, magari attraverso la mediazione dei suoi alter ego, sparsi tra i diversissimi personaggi dei suoi scritti. Tra tutti la formidabile Lola, protagonista della serie ideata in collaborazione con il geniale Biagio Fabrizio Carillo.
Lola è una ragazzina di sedici anni quando, colta sul fatto durante il suo primo non concluso amplesso, viene aggredita dal padre nel capanno degli attrezzi. La sua legittima difesa viene trasformata in omicidio, con una condanna che la trattiene per sei anni in galera: sarà questa la sua vera scuola di vita.

Avventura dopo avventura, Lola si trasforma. Da ristoratrice creativa, diventa titolare di un negozio di gourmandises, il Caveau, che attira l’alta società torinese, ma anche una serie di personaggi meno piacevoli, che la trascinano in indagini spesso condotte suo malgrado. Uno di questi incontri è Guiscardo, investigatore della Digos che la obbliga ad una collaborazione e, senza volerlo, resta affascinato da questa donna energica, bella e spesso pungente.
Nelle Maschere di Lola, il quarto episodio della serie (ma chiamare episodio questo romanzo ricco di avvenimenti, colpi di scena e ritmo è decisamente riduttivo), Tallone e Carillo ci catturano, come al solito, fin dalla prima pagina, dove assistiamo agghiacciati ad una scena sconvolgente: un gruppo di donne distese sui gradini di Piazza Solferino, ferite ed intrappolate in una rete da pesca. Non abbiamo ancora avuto il tempo di respirare per la fine del capitolo, che siamo trascinati nella cella frigo di un macello della campagna cuneese, e da lì, dopo una veloce puntata alla meravigliosa gastronomia di Lola, nel lussuoso ingresso di una villa torinese. Lì ci attende un cadavere, la testa insanguinata, le membra scomposte sul pavimento.
Come noi, anche Lola non riesce a fermare la rapidità degli eventi che la coinvolgono e, con la sua abituale rapidità di reazione, capisce che deve scappare, da tutti, anche dagli amici. Nella sua fuga dovrà trasformarsi ancora, travestirsi per attirare gli sguardi e distogliere l’attenzione, dovrà indossare delle maschere per poter continuare ad essere se stessa: la Lola che non vuole essere costretta da regole, che combatte senza risparmiarsi.
Con la sicurezza che il camuffamento le concede, Lola comincia ad investigare, cercando il bandolo di una matassa che rivela sempre più nodi, scoprendo strani passaggi di mano e una battaglia che si fa sempre più cruenta tra vegani e carnivori.
Percorre le vie di Torino e della provincia, tornando a quello che sembra il punto d’origine di tutto: il vecchio capanno di suo padre. Ma i rimandi non sono ancora terminati e da qui la trasformista si sposta ancora, in un labirinto che è anche un gioco narrativo.
I due artefici di questo sottile gioco sono proprio Tallone e Carillo, abilissimi nel mostrarci le mosse dei diversi protagonisti, sempre secondo il punto di vista della nostra eroina, che ci trascina con sé nella frenetica caccia alla verità. Ad accompagnarla, o ad ostacolarla, una giostra di personaggi curiosi e stravaganti, incantevoli o detestabili, ma sempre affascinanti. L’esotico Wasabi, la cui forza di carattere e la calma interiore sono il frutto di esperienze negative e di un lungo lavoro di addestramento. La dolce attivista Sonia, che vive circondata da piante grasse e ideali. E poi, un misterioso barbone alcolizzato, un corpulento direttore di clinica, una donna bella e acida e altri ancora, incaricati dai due autori di condurci lungo una indagine che trascina e diverte, con lo stile brillante e ricco a cui la coppia di autori ci ha abituato.



Scrivere in inverno

Sabato 11 marzo, dalle ore 9 alle ore 13, a Coazze
Laboratorio di scrittura 
Scrivere in inverno

L’inverno è la stagione più intima, raccolta, spirituale. 
Il freddo, il buio ci invogliano a stare in casa, a goderci il tepore di un caminetto, l’allegria di una cena tra amici.
Talvolta la gioia delle feste è offuscata da una malinconia, che spesso non comprendiamo e che forse non ha nemmeno un’origine. Il grigio della pioggia gelida, il fango sulle strade, il malumore di chi incrociamo per strada sembrano etichettare l’inverno come la stagione triste. L'empatia ci lega a chi vive, in inverno, una difficoltà ancora più grande. 
Eppure basta uno squarcio tra le nuvole, il sole che all’improvviso abbaglia e trasforma tutto in uno spettacolo luminoso.
Ecco, le cime dei monti scintillano di neve e ghiaccio, e d’improvviso siamo colti da una strana frenesia di movimento, su, verso quelle cime, verso la luce e la felicità.

Questi sono i punti di partenza per una scrittura che racconti i mesi ghiacciati, quelli che forse spingono di più a prendere in mano la penna. 

Per info e iscrizioni: mariateresa.carpegna@gmail.com
Costo del laboratorio 30,00 euro