di
Camilla Versino
Veronica
guardava il laghetto davanti a lei senza interesse. La borsetta poggiata al suo
fianco sulla panchina verniciata di verde, il golfino lasciato mollemente sullo
schienale e le sue mani intrecciate in grembo aggiungevano alla sua espressione
malinconica un tocco trasandato. Quando lui le si sedette al fianco, lei
trasalì. Le era andato vicino, ma non l’aveva degnata di uno sguardo, come se
il suo obbiettivo fosse solo di sedersi e riposarsi.
Veronica
ne fu sorpresa perché in realtà si conoscevano molto bene e quasi indispettita
per non aver ricevuto neppure un minimo saluto, continuò a guardare davanti a
sé attendendo l’evolversi delle cose.
L’uomo
si beava della frescura della giornata, aveva lo sguardo immerso nei pensieri e
Veronica provò ad immaginarli.
“Sicuramente
starà pensando alle montagne, alle gite con le figlie e le nipoti… Ha un viso
disteso e sereno, non è concentrato sui suoi affanni ed è bello vederlo così,
una volta tanto”.
Stettero
così per tre ore buone, l’uno a sorridere e l’altra ad immaginare, finché a un
certo punto l’uomo si alzò, si girò verso Veronica e la salutò cordialmente.
Lei
lo guardò con tenerezza.
«Papà,
ti riporto a casa, è tardi!»
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