mercoledì 5 agosto 2015

Il sussurro dell'inverno, di Milena Barella

Al principio di un febbraio dal pallido sole l'animo del ragazzo appariva buio, così come lo era stato quell'ultimo inverno, il più freddo della sua vita.
Lo aveva trascorso fissando il fuoco nel modesto teatro del caminetto senza ricevere il calore desiderato, e abbracciando il proprio gatto si era domandato perché il destino avesse scelto lui per quella dura prova.
La donna della sua vita lo aveva lasciato affermando di non amarlo più; i pensieri si erano intrecciati convulsamente, trasportandolo verso un lento annullamento senza respiro. 
Attraverso la finestra sul retro della casa, spiava spesso il bosco in cerca di pace; in estate vi aveva passeggiato godendo di quelle piante e quegli arbusti ormai spogli, che ora, nell'aria frizzante, tacevano. L'inverno si era impadronito del suo cuore isolandolo dal mondo, gelido e indifferente al dolore che lo stava adagio logorando.
Così il ragazzo, nella speranza che il freddo si dissolvesse presto, aveva atteso il giungere della primavera, certo che il sole gli avrebbe portato consiglio.
Un giorno rimuginando nel proprio groviglio di sentimenti si scoprì a fissare con empatia il maggiociondolo del giardino: irriconoscibile e triste tra la crosta di brina che lo ricopriva.
"Beato lui" pensò, "al momento giusto tornerà a rifiorire e rinascerà più bello di prima".
Tale riflessione rimase silenziosa a fluttuare nel suo inconscio, ma abbastanza vicina all'animo da medicarne le ferite.
Con il giungere della primavera il bosco si animò e il ragazzo decise d'inoltrarsi nel rigoglioso fogliame per assaporarne la magia, curioso di sentire cosa le piante gli avrebbero rivelato.
Passeggiò tra i fruscii delle foglie ed il profumo dei fiori e nessun albero parve lamentarsi circa l'inverno ormai sfumato, al quale egli aveva portato rancore sino ad un attimo prima.
"Non erano il freddo e il buio a spaventarmi, ma il timore che la primavera risvegliasse il nuovo me stesso che sono diventato, spingendomi verso un domani, a me sconosciuto".
Si sentì in pace, in pace con l'inverno che era stato il suo legame fra la vecchia vita e la ricerca di una nuova esistenza.
Caro amico inverno che lo aveva protetto nella sua coperta bianca, sussurrando il silenzio e la solitudine necessarie a fargli intuire che il dolore non va combattuto, ma vissuto per morire poco alla volta e rinascere al momento giusto.
Lasciandosi alle spalle il bosco si diresse verso casa per uscirne subito dopo con una macchina fotografica fra le mani.
Giunto di fronte al maggiociondolo in fiore, puntò l'obiettivo per carpire tanta meraviglia, ma all'ultimo momento decise di fotografare la cosa più importante della sua vita: rivolse la fotocamera verso se stesso, sorrise e avviò l'autoscatto.


Dedicato ad un amico speciale che come me si è smarrito nel silenzio dell'inverno imparando ad ascoltarne i preziosi sussurri. 

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