lunedì 27 maggio 2019

Marco Neirotti, Ti ammazzerò stasera, Golem edizioni


In una cittadina di provincia vengono accolti dei rifugiati. Liberi di uscire dal centro, una ex caserma, imparano l’italiano, l’integrazione e un mestiere, tentando di dimenticare le lame e le bombe. Finché una notte qualcuno lancia delle molotov e, per la loro sicurezza, i profughi vengono rinchiusi. La Polveriera da rifugio si trasforma in prigione.
Gli equilibri si sgretolano e il centro, dal nome emblematico, si trasforma in un ordigno ad orologeria. Il clima, dentro e fuori, si surriscalda e un paese tranquillo vede i suoi abitanti, pacifici e accoglienti, trasformarsi in razzisti colmi d’ira, guidati dalle farneticazioni di qualche esaltato.
Al centro di questo vortice in ebollizione c’è un ex galeotto, che vive in una baracca con cani abbandonati, suoi compagni di vita. Lui è l’obiettivo, insieme agli stranieri, di tre personaggi inquietanti e, ahimè, credibili. Il primo è il capo, un giovane che coinvolge nella sua follia due gregari, frustrati e pronti alla violenza.
Il paese assiste parteggiando inconsapevole; i genitori non vedono, o tentano di non vedere.  Attorno e sopra di loro i carabinieri, comprensivi ma vigili, provano ad arginare qualcosa che forse è troppo grande.
Marco Neirotti disegna con Ti ammazzerò stasera un’Italia orribilmente attuale, con leader che gridano ai microfoni riecheggiando frasi ascoltate dai lamentosi da bar, soffiando su una fiammella per farla diventare rogo purificatore.
Il giovane sindaco aveva risposto all’arrivo dei quaranta richiedenti asilo con apprensione, ma senza isterismi. Il prefetto venne ad illustrare alla cittadinanza tempi e regole dell’emergenza. Ma su tutto soffiava il nuovo giro di elezioni. […] I pochi diventavano tanti: borbottii presto bestemmia, sui social frasi impensabili da quella gente, titoli dei tg improbabili specchi della realtà di casa. 
«Ho scritto questo libro otto mesi fa» spiega Neirotti ai microfoni del Salone del Libro, «e purtroppo si è rivelato premonitore».
Bruno Quaranta e Marco Neirotti
Un romanzo che non è un noir, sebbene la tensione cresca dalla prima all’ultima pagina, ma uno spaccato della vita di una qualunque cittadina.
«Questo grido di allarme riguarda un problema nato in provincia» sottolinea Bruno Quaranta nel corso dell’intervista. «A differenza della grande città, la provincia ha difese diverse, altre priorità».
«Verissimo» conferma Neirotti, «sono ambienti diversi, ma i social abbattono i confini tra città e provincia. Per questo non mi stanco di ripetere che dobbiamo avere idee nostre, non rinunciare alla curiosità, non rinunciare ad imparare. Come giornalista, ho fatto reportage in ambienti difficili. Sono stato barbone, carcerato, ho incontrato persone che mi hanno insegnato tanto e ho scritto di loro».
A noi non resta che leggere il suo romanzo e imparare.

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