Un
lieve inconveniente del mio mestiere di Editor è che quando mi capita tra le
mani un romanzo, non riesco più a vederlo “soltanto” come un piacere; non
riesco a lasciarmi trascinare come un peso morto dal concatenarsi degli eventi,
ma cerco di carpirne i segreti, di leggere tra le righe, i paragrafi, i
capitoli, per scovare i trucchi che l’autore (soprattutto se si tratta di un
grande autore) ha saputo maneggiare con destrezza.
In
questo modo il divertimento non solo non diminuisce, ma aumenta in modo
proporzionale alle bravura dello scrittore: scoprire al di sotto delle parole
una rete di filigrana intrecciata magistralmente è una delizia per le meningi.
Quando
poi lo scrittore riesce ad intrufolare nelle maglie della trama veri e propri “consigli
di scrittura”, quando cioè il romanzo stesso diventa argomento, tema, personaggio,
allora mi sento come Winnie the Pooh tuffato nel miele.
Ed
è esattamente questo che è accaduto nel corso della lettura di libri come La verità sul caso Harry Quebert, di Joël
Dicker, o Argento vivo di Marco
Malvaldi o appunto Romanzo rosa di
Stefania Bertola.
Io e Stefania Bertola |
Ho
letto Romanzo rosa al momento in cui
stavo preparando le presentazione di un altro romanzo dell’autrice, ovvero Ragazze mancine (leggete anche questo mi
raccomando) e, devo ammetterlo, lo avevo iniziato un po’ per dovere. Immaginate
la mia entusiastica meraviglia quando ho scoperto che il tema conduttore era un
corso su Come scrivere un romanzo rosa in
una settimana, tenuto addirittura al Circolo del lettori di Torino.
La
trama del romanzo è sdoppiata su due binari che corrono paralleli, ma si intrecciano
(contravvenendo a tutte le regole della geometria euclidea): le lezioni di
Leonora Forneris ai suoi assortiti allievi, e il romanzo che la protagonista-narratrice
scrive a casa.
Il trait-d’union sono le inusitate regole di scrittura, sorprendentemente
lontane da tutto quello che potreste sentire ai miei corsi.
Ad
esempio: l’ambientazione geografica del vero romanzo rosa, altrimenti detto
Melody, deve essere approssimativa, da infarinatura wikipedica. I nomi dei
protagonisti assurdi e, possibilmente, inventati unendo sillabe sonoramente
evocative. I personaggi stereotipati nei luoghi comuni che tutti attribuiscono
loro (l’italiano mammone e dai colori mediterranei, il greco statuario come un
dio); i loro comportamenti assolutamente contemporanei; anche se la vicenda è
ambientata in un villaggio scozzese del Cinquecento o sulle sponde di un
Mississippi ottocentesco, i loro dialoghi saranno pieni di esclamazioni come “Ti
sbagli alla grande” o “Ma che me ne importa”.
Così,
tra un consiglio e l’altro, tra una risata a labbra strette ed una spanciata,
ho cominciato a vedere un mondo del tutto nuovo: il best seller di rapido
consumo.
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