Conosco
Elisa da tantissimi anni, da quando eravamo quasi colleghe e scrivevamo per lo
stesso settimanale locale. Dico “quasi” perché, mentre lei andava a tutti i
consigli comunali, intervistava politici e si prendeva un sacco di rogne, io
recensivo libri, assistevo ad opere teatrali in dialetto, partecipavo ad
inaugurazioni di vie e restauri di cappelle votive. Così lei è diventata
giornalista e io ho comprato una libreria con mio marito.
Le
nostre vite lavorative si sono ancora incrociate in modi diversi: è stata
commessa nella nostra libreria per un certo periodo e lo scorso anno ha
frequentato i miei due corsi di scrittura.
La
prima esercitazione del secondo corso consisteva nella stesura dell’Incipit di
un ipotetico romanzo. Quando ho aperto la mail di Elisa e ho cominciato a
leggere, mi sono accorta che non volevo interrompere, che le poche righe non mi
bastavano.
Elisa
deve aver pensato la stessa cosa, infatti alla fine del corso aveva scritto
quasi tutto il romanzo.
Praticamente mezzo paese, edito da Il Graffio, è il frutto di questa scrittura, rapida, quasi tutta in ore
notturne, che lei stessa ha utilizzato come sfogo e divertimento nel corso di
una campagna elettorale combattuta e ricca di candidati. Ma sentiamo come vede
il romanzo a quasi un anno dall’inizio della stesura.
Qual
è stato il punto di partenza che ti ha ispirato?
Come
giornalista mi sono trovata a dover raccontare per la quinta volta le elezioni
amministrative nel territorio di mia competenza per il giornale locale. E la
maggior parte degli attori era la stessa di quando ho cominciato, ovvero cinque
lustri prima! Ho voluto giocare un po’, inventandomi una competizione
elettorale completamente sfalsata da un omicidio. Per me che di questo ci vivo,
le elezioni e la politica locale in genere sono una fonte di notizie, di
reddito ma anche di risate, di mal di pancia e di aneddoti. È la mia vita. Mi
sono detta: se la metto in tono scherzoso, magari interessa anche a chi i miei
articoli non li ha mai letti e in generale si disinteressa della politica locale.
Che poi non è solo quella della “mia” zona, ma credo in generale di tutti i
piccoli paesini di cui l’Italia è composta. Consigli comunali: io, il collega e
un cane. Anzi, nemmeno il cane. Mettiamola sul ridicolo, e vediamo che succede.
Il
parallelo con fatti e persone reali è stato un aiuto o un ostacolo?
Per
il personaggio della giornalista, è chiaro a chi mi sono ispirata: ostacolo.
Gli altri sono inventati, anche se è logico che qualche tratto di base sia
influenzato dalla mia esperienza diretta. Direi che le caratteristiche
principali di ognuno di loro derivano da persone realmente esistenti, ma da lì
in poi ho aggiunto, tolto, limato, stravolto, magari comprimendo in un unico
personaggio più persone reali incontrate nel mio percorso, o al contrario
espandendone altre fino ai limiti del sarcasmo. La stessa cosa vale per i
fatti: non c’è nulla di vero, ma di plausibile sì. È stato senza dubbio un
aiuto: dopo vent’anni di veridicità di quel che scrivi, prendi tutto quel che
hai accumulato e finalmente lo usi, seppure trasformato.
Da
quanto tempo lavori come giornalista?
Lavoro
come imbrattacarte dal 1991. Ho scritto per diverse testate locali, occupandomi
di cronaca e politica. Sono persino stata direttrice responsabile di un
quindicinale a distribuzione gratuita; me lo avevano affidato dei pazzi.
Come
hai deciso di passare dal giornalismo ad un romanzo?
Come
spesso accade, c’è un romanzo nel cassetto da molti anni. E credo che lo
rimarrà per molto tempo ancora, perché è un romanzo molto giornalistico e su un
tema che mi tocca molto da vicino.
La
spinta a raccontare in piena libertà di fantasia è venuta dal tuo corso di
scrittura narrativa che ho seguito l’anno scorso. Tra gli esercizi che avevi
proposto c’era la stesura di alcuni racconti, e in uno di questi sono comparsi
come per magia il Capitano Coralli e la giornalista Antonella Giovannini.
Appurato che mi divertiva e mi rilassava molto scrivere in piena libertà, che
avevo trovato una sorta di alter ego
su cui potevo riversare tutte le mie ansie e che mi ero innamorata di un
carabiniere immaginario, ho cominciato a scrivere una storia. Direi quindi che
è stato un passaggio casuale, anche se alla casualità non credo molto. Certo
non è stato casuale essermi iscritta a quel corso.
Questa
è la tua prima esperienza narrativa?
A
parte i racconti di cui sopra sì. Ho scritto alcuni libri di storia locale,
divulgativi, e in alcuni di questi c’è la narrazione, ma sempre attinente a
fatti reali, o come trasposizione di interviste. Il che, dopo tanti anni, lo
assicuro, diventa una noia mortale.
Come
hanno accolto il libro i tuoi lettori?
Devo
dire sinceramente che finora ho avuto solo tre critiche negative, di cui una
indiretta, che suonava più o meno come “è molto ben scritto però…”. Il però non
mi è dato saperlo, quindi in realtà – volendo vedere sempre il bicchiere mezzo
pieno - dovrei prenderlo come una critica positiva perché, almeno, è ben
scritto. Le due dirette hanno centrato un problema a cui cercherò di porre
rimedio nei prossimi libri: c’è un’accelerazione molto forte man mano che si
procede verso il finale; avrei forse potuto diluire di più gli avvenimenti. Mi
servirà da severo monito!
Gli
apprezzamenti positivi invece, hanno cercato dei paragoni, di cui non posso che
essere fiera. L’ultimo è stato: “un po’ Simenon un po’ Benni. Ironia e tanto
ritmo”. Esticavoli. Non sto a dirti gli altri, perché sono tutti esagerati,
comunque graditissimi. Va beh, li dico, così me la tiro un po’: Camilleri,
Manzini, Vitali, Mogliasso, Oggero.
Fico
eh?
Hai
avuto critiche da chi si è riconosciuto?
La
signora del “ben scritto però…” è la moglie di un ex politico locale, e questo
spiega molte cose. A parte gli scherzi, chi si è riconosciuto ha agito con
molta eleganza e in un caso con un’assoluta e spassosa ironia. L’ispiratore del
personaggio dell’antipolli ogni volta che mi vede mi dice: “I polli stanno
bene. Tranquilla”. Io non so se al suo posto avrei reagito così. Altri o non
si sono riconosciuti, o mi ignorano consapevolmente. L’unico personaggio che ho
svelato al suo quasi-corrispondente-reale è quello del morto: l’ha presa con
filosofia. Molta filosofia. Mi parla ancora, e non riesco a capacitarmene.
So
che stai lavorando ad un nuovo romanzo; compariranno alcuni dei personaggi a
cui ci siamo ormai affezionati?
Mi
sto pentendo amaramente di aver ammazzato Filippo Cordero Gallo perché avrei
ancora un miliardo di cose da scrivere su di lui. Magari farò un prequel, perché è un personaggio
meraviglioso: tutti gli vogliono bene eppure tutti gli vogliono male. Nel nuovo
romanzo compariranno di certo il Capitano Coralli e la giornalista Antonella
Giovannini. Tralasciando la mia collega di inchiostro, e invidiandola anche un
po’, voglio approfondire soprattutto la psicologia di Rino. Questo, ovviamente,
perché ne sono innamorata. E pensa un po’, posso plasmare il mio amore a mio
piacimento! Inoltre, ci saranno gli altri carabinieri della stazione di
Buonaria, con qualche sorpresa. Ci sarà anche la nuova classe politica della
cittadina, alle prese, oltre che con i problemi di tutti i giorni, con la
demolizione di un edificio ed un vecchio caso riaperto. Invece dei bar,
stavolta credo che descriverò le parrucchiere: si apre un mondo.
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