Nei
mesi di settembre e ottobre del 2013 si è svolto il mio primo corso di
scrittura narrativa. L’ansia era tanta: si può insegnare qualcosa di così
soggettivo come la scrittura? Si può trasmettere con delle regole la capacità
di raccontare?
Una
volta presa la decisione, ho passato mesi a rivedere i miei testi universitari,
i manuali, in particolare nei due mesi estivi che hanno preceduto il corso, in
cui avevo maggiore tranquillità. Ho raccolto appunti, ho elaborato materiale e
ho scritto pagine e pagine di dispense. Poi ho cominciato a togliere, ad
eliminare tutto ciò che poteva soltanto confondere: in cinque sole lezioni di
due ore l’una volevo dare le basi, a chiunque ne avesse voglia, per imparare a
scrivere.
Gli
argomenti si snellivano, andavano all’essenziale, grazie ad una prima
scrematura; ma quel che mi è servito di più, e anche tuttora mi serve più di
ogni altra cosa, è stato il curare dei romanzi, sia di autori già affermati,
che di esordienti. Nelle loro sviste e nelle loro qualità, ho scoperto quali
erano i punti essenziali da esaminare e le lacune da colmare; quali erano, in
pratica, le basi strutturali senza le quali non è possibile che una scrittura
diventi narrazione.
Un
altro aiuto mi venne dato dai romanzi letti, diciamo così, per svago. Perché un
romanzo piace e un altro no?
Ho
cominciato a rileggere le opere che mi avevano colpito, sia di autori
contemporanei che dei mostri sacri della letteratura. Cosa li legava e cosa li
distingueva uno dall’altro?
Questi
erano i punti degni di una discussione all’interno del mio corso, quelli che
non possono assolutamente mancare se si vuole affrontare un’impresa così
importante come la scrittura di un romanzo.
La
difficoltà maggiore è stata quella di non sapere chi avrei avuto di fronte:
qualcuno che aveva al suo attivo anni e anni di scrittura, magari sotto forma
di romanzo chiuso in un cassetto, oppure qualcuno che non aveva mai provato a
scrivere? Come accattivare le simpatie di ognuno senza annoiare gli altri?
Questa è stata ed è tuttora la mia difficoltà maggiore: cercare di convogliare
tutti verso un’unica modalità di lavoro; ma alla fine quella che sembrava una
difficoltà si è trasformata in una risorsa. Ognuno lavora in un modo diverso e
proprio in questo consiste la ricchezza dei corsi di gruppo.
La
prima indicazione avrei potuto averla tramite un loro scritto, ma non qualcosa
di già elaborato, magari ricontrollato per anni, bensì qualcosa scritto di
getto per l’occasione. Così ho dato un primo titolo, che fosse abbastanza ampio
da poter lasciare la libertà di creare, ma che costringesse a riflettere su
cosa poteva essere racchiuso in quel titolo. Tempo per consegnare il racconto:
una settimana. Man mano che ricevevo i racconti e li esaminavo attentamente,
potevo comprendere le peculiarità dei partecipanti, le loro potenzialità da
sollecitare.
Leggere
le opere di ciascun autore è fondamentale per me, non per poter adattare il mio
corso di scrittura alle loro particolarità, bensì per riuscire ad arricchirlo
ancora. Ogni nuovo racconto mi regala stimoli, mi aiuta ad aggiungere spessore
alle mie dispense, alle mie lezioni. Ogni stimolo che percepisco, lo rielaboro
e li ritrasmetto amplificato.
Il
primo corso si è concluso con mia grande soddisfazione e un rinnovato
entusiasmo, che ho visto, nei successivi mesi, in molti degli iscritti, che si
sono dedicati, e si dedicano, alla stesura di racconti e romanzi.
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