Sei mesi, la vita.
Trovarsi in una città nuova, in posti diversi con
gente sconosciuta, non rientrava nei piani di Lucrezia. Lasciare la sua casa, i
suoi affetti, gli amici, era stata una decisione sofferta. Ma quando l’oncologa
le disse che avrebbe avuto non più di sei mesi da vivere, tutto cambiò.
Voleva ritornare nella sua terra, dove era nata.
Terra che non aveva mai conosciuto perché i suoi genitori emigrarono dopo la
sua nascita a Sidney, Australia.
Fu così che assieme ad Alex, suo compagno da una
vita, decise di trasferirsi in Italia. Affittò sulle colline liguri una “casetta
fatta di pietre e fiori”, come la chiamò lei, appena la vide.
Subito se ne innamorò. Il panorama dalla collina
era di una bellezza straordinaria. La casa si affacciava su un promontorio a
picco sul mare. Dal giardino davanti casa lei vedeva, ogni mattino, l’alba di
un nuovo giorno.
Iniziò così quella che lei chiamò “la rinascita di
vita”.
Era marzo quando arrivarono in Liguria, a San
Bartolomeo. Una cittadella bella, pulita e fiorita con gente cordiale. Trovò la
casa arredata con molto gusto. L’interno, come l’esterno, aveva mura fatte di
pietra e i caldi tessuti color granata e oro rendevano il tutto molto
accogliente. Le prime settimane le dedicarono a cercar qualcosa di più
personale da vivere per la casa. Lei ed Alex andarono in giro per vie, negozietti
e mercatini locali. La sua malattia in quel luogo magico, sembrò essere
sparita.
Nessuno dei due voleva affrontare l’argomento, fino
a quando non ce ne fosse stata l’esigenza.
Aprile portò i primi caldi, le prime foglie verdi e
le fioriture di piante e fiori. Alex le
regalò una pianta di mimosa da piantare nel giardino dal quale lei continuava a
vedere ogni giorno nascere il sole. Col suo impegno e le sue cure, la pianta
cresceva e le regalava bottoni gialli color del sole e molto profumati.
A maggio ci fu il primo controllo. Le notizie non
erano belle, ma Lucrezia con un sorriso, salutò il medico e prese per mano
Alex, consapevole del suo male. Nuove pastiglie, nuove terapie non l’avrebbero
salvata e, questo, lei lo sapeva.
Non avevano potuto avere figli, ma questo non
impedì loro di continuare ad amarsi, anzi.
E ora, dopo quasi vent’anni, erano più innamorati che mai. Ed era questa
la sofferenza più grande per Lucrezia, lasciare il suo Alex.
Conosciuto tra i libri in biblioteca e mai più
lasciato andare. Il loro amore fu ostacolato da molti, soprattutto dai genitori
di Alex perché lei era più “vecchia”. Vecchia… avevano undici anni di
differenza, ma per Alex non fu mai un problema. E ora lei ne aveva cinquantatré
e il suo amore era ancora giovane. Per questo una sera Lucrezia, fra le lacrime
di entrambi, gli fece promettere che non l’avrebbe mai rimpianta ma, per
l’amore che li univa, avrebbe dovuto
rifarsi una vita. E Alex promise a cuore spaccato.
Giugno. Il caldo incominciò a far da padrone.
Le passeggiate lungo il mare divennero un’abitudine
giornaliera. Assaporare l’odore del mare, godere della musica prodotta dalle
onde che s’infrangevano sugli scogli, era per loro sublime. Niente era più
bello.
Mano nella mano percorrevano chilometri sul
litorale, per poi tornare verso sera a casa a preparare insieme la cena e
guardare il sole alto nel cielo.
Luglio portò i vacanzieri. Famiglie con ragazzi,
bambini che giocavano sulla spiaggia. Ombrelloni di tutti i colori decoravano
il lido. Invasioni di turisti dalle facce felici di trovarsi sulla spiaggia e
farsi cullare dal mare.
Il loro piccolo mondo stava diventando sempre più
piccolo, ma a Lucrezia e Alex non dava fastidio. Avrebbero sempre voluto dei
figli, da amare, coccolare e viziare ma, come diceva lei «Il buon Dio vuol
tenere per sé gli angeli più belli». E una sera la strada del ritorno
incominciò a diventare pesante. Ma Lucrezia fece finta di nulla e non lo disse
ad Alex.
Agosto arrivò silenzioso con le sue giornate lunghe
e calde, che facevano impazzire i vacanzieri.
A volte, pur recandosi molto presto in spiaggia, la trovavano già invasa
da teli distesi a segnare il posto, il diritto di un pezzetto di spiaggia, che
si aggiudicava chi arrivava prima.
Quel pensiero di “diritto”, la faceva sorridere
stringendosi sempre più a lui, il suo amore. A lei non serviva avere lo spazio
per distendersi al sole. Lei voleva soltanto stare fra le sue braccia. Soprattutto
ora che sentiva la vita scivolarle via.
Continuava a non dirlo ad Alex, di come si sentiva
male al risveglio e della stanchezza che l’assaliva alla sera. Lui, il suo
uomo, il suo amore, la sua vita stessa, lo aveva già intuito ma non glielo
avrebbe mai fatto capire per non farla rattristare al pensiero della malattia.
Non le avrebbe mai detto che di notte mentre lei
dormiva fra le sue braccia, lui restava a guardarla e piangeva in silenzio. Fuochi
d’artificio e festa fino a notte fonda per il quindici di agosto, ma loro non
scesero in paese per festeggiare. Lucrezia stava male.
«È solo un leggero mal di testa dovuto al troppo
sole» si giustificò lei, «e andare su e giù incomincia a farmi sentire gli anni»
continuò sorridendo. Lui le prese le mani, gliele baciò e la strinse forte al
suo petto.
«Sistemo due poltrone in giardino. Guarderemo i
fuochi da qua». E fino alla fine di agosto, fu così che trascorsero le loro
serate.
L’inizio di settembre si fece sentire con le prime
piogge. In spiaggia di ombrelloni, ne erano rimasti pochi.
Questo era il mese dei nonni coi nipotini, degli
anziani che non amavano la confusione estiva. Che assaporavano quel mese che
segnava la fine dell’estate, in tutta la sua bellezza. Le giornate
incominciarono ad accorciarsi, pur restando sempre belle ed assolate anche
quando una leggera pioggerella si affacciava sul mare.
Anche le loro passeggiate si fecero meno frequenti.
«Preferisco godermi dal giardino il fresco e il
panorama» diceva lei, «ho già preso sole a sufficienza» e sorrideva.
Al mattino dopo colazione, Alex scendeva in paese a
far la spesa e, al suo ritorno, la trovava in giardino appisolata sulla poltrona
con un libro in mano. Allora lui preparava il pranzo e sistemava il pasto su di
un tavolino vicino a lei, non la svegliava per non farla affaticare e aspettava
il suo risveglio per pranzare insieme.
Nel pomeriggio parlavano di poesie, di libri e dei
loro ricordi fino a sera dove Alex, sempre col suo amore, continuava a
coccolarla. E con questa scusa, la prendeva fra le braccia e la portava nel
loro letto e l’amava.
Una sera d’estate di settembre, dopo una giornata
d’amore e di sole, Alex la trovò addormentata sulla poltrona per l’ultima
volta. Aveva il sorriso sulle labbra. Lui era appena tornato da una
passeggiata. Aveva il suo libro in mano, ma guardando bene, Alex si accorse che
non era un libro qualsiasi. Era scritto da lei, il suo amore.
L’ultimo regalo che Lucrezia gli fece. Il racconto
della loro vita d’amore che iniziava così:
Ti ho voluto bene, e dopo ti ho amato. Alla fine mi
sono innamorata. Si perché si può amare senza essere innamorati. Si possono
amare i figli, la vita, il sole.
Ma io di te sono sempre stata innamorata e perciò, ti
ho amato tanto. Ed è proprio per questo amore voluto e condiviso con te… ti
lascio libero. Libero di amare e di innamorarti ancora. Me l’ hai promesso, e
ora devi vivere. Vivi con tutto l’amore che hai dentro di te.
Ti amo.