La pergamena fu trovata nella
cella il mattino dell’esecuzione dalla guardia giunta per condurla al rogo: la
Clerionessa era sparita, lasciando dietro di sé solo l’odore acre delle erbe
destinate alle sue vittime e quel messaggio sibillino.
«Allarme, la strega è
fuggita!» gridò la guardia incespicando sul selciato.
Era giorno di mercato, e la
folla si stava accalcando per assistere al falò della masca, catturata e sommariamente processata il giorno prima.
Spintonata fino alla gogna
tra sputi e insulti, la fattucchiera avrebbe dovuto attendere l’esecuzione di
mezzodì, ma di lei non c'era più traccia.
La Clerionessa era la serva
del signore di Vicus Gavensis, che viveva in una torre nota come Arco delle Streghe. Aveva appreso le
proprietà delle erbe e dei fiori, rigogliosi in riva al Sangone, dalle donne di
famiglia, le cui radici affondavano nella notte dei tempi, quando le alture
erano abitate dalle tribù celtiche che vi si erano rifugiate per sfuggire agli
invasori romani, attratti dalle ricchezze di quella verde vallata.
Le erbe della Clerionessa
avevano curato molti, nel corso degli anni, ma avevano anche posto fine
anzitempo ai giorni terreni di alcuni che, diceva l’anziana donna, “Avevano
sfidato troppo il destino”. Come quel viandante in visita al padrone la
settimana prima. Sbraitava per farsi riverire come un principe, molestava le
contadinelle rubizze al pascolo con le capre, gozzovigliava ruttando e
scoreggiando come un qualsiasi bifolco paludato in ricchi abiti puzzolenti.
Finché una sera aveva ordinato alla Clerionessa un infuso che curasse la sua tosse
persistente, e lei solo troppo tardi si era resa conto che, forse, aveva
esagerato con le dosi di lauroceraso.
Il viandante (un mercante che
vantava crediti di notevole entità nei confronti del signore, si era poi
scoperto) era stato trovato morto nel letto, e subito la Clerionessa era stata
arrestata: i clerici aspettavano solo il momento giusto per porre fine all’arte
di quella misteriosa donna, divenuta ormai una minaccia per loro, e il signore
non aveva potuto opporsi al volere ecclesiale.
Ma la Clerionessa aveva
ancora in serbo una sorpresa per i malvagi che osavano aggirarsi nei vicoli e
nelle piazze di Vicus Gavensis e, un mazzetto di erbe nascosto tra le vesti
consunte, si era lasciata condurre alla gogna mansueta come un agnello portato
al macello, deridendoli con la sua misteriosa sparizione proprio mentre,
gongolanti, sistemavano le fascine per accendere il fuoco su cui sarebbero
bruciate le sue scarne membra, la sua chioma fulva e i suoi vispi occhi
azzurri. Occhi che, ancora oggi, scrutano gli incauti viandanti in procinto di
compiere qualche malefatta: la risata cristallina e beffarda della Clerionessa
li saluta dall'Arco delle Streghe nelle notti di luna piena, e i magici legàmi,
forse, non si scioglieranno mai a Vicus Gavensis...
Antonio Nunziante. Olio su tela |
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