Al principio di un febbraio dal
pallido sole l'animo del ragazzo appariva buio, così come lo era stato
quell'ultimo inverno, il più freddo della sua vita.
Lo aveva trascorso fissando il fuoco
nel modesto teatro del caminetto senza ricevere il calore desiderato, e
abbracciando il proprio gatto si era domandato perché il destino avesse scelto
lui per quella dura prova.
La donna della sua vita lo aveva
lasciato affermando di non amarlo più; i pensieri si erano intrecciati
convulsamente, trasportandolo verso un lento annullamento senza respiro.
Attraverso la finestra sul retro della
casa, spiava spesso il bosco in cerca di pace; in estate vi aveva passeggiato
godendo di quelle piante e quegli arbusti ormai spogli, che ora, nell'aria
frizzante, tacevano. L'inverno si era impadronito del suo cuore isolandolo dal
mondo, gelido e indifferente al dolore che lo stava adagio logorando.
Così il ragazzo, nella speranza che il
freddo si dissolvesse presto, aveva atteso il giungere della primavera, certo
che il sole gli avrebbe portato consiglio.
Un giorno rimuginando nel proprio
groviglio di sentimenti si scoprì a fissare con empatia il maggiociondolo del
giardino: irriconoscibile e triste tra la crosta di brina che lo ricopriva.
"Beato lui" pensò, "al
momento giusto tornerà a rifiorire e rinascerà più bello di prima".
Tale riflessione rimase silenziosa a
fluttuare nel suo inconscio, ma abbastanza vicina all'animo da medicarne le
ferite.
Con il giungere della primavera il
bosco si animò e il ragazzo decise d'inoltrarsi nel rigoglioso fogliame per
assaporarne la magia, curioso di sentire cosa le piante gli avrebbero rivelato.
Passeggiò tra i fruscii delle foglie
ed il profumo dei fiori e nessun albero parve lamentarsi circa l'inverno ormai
sfumato, al quale egli aveva portato rancore sino ad un attimo prima.
"Non erano il freddo e il buio a
spaventarmi, ma il timore che la primavera risvegliasse il nuovo me stesso
che sono diventato, spingendomi verso un domani, a me sconosciuto".
Si sentì in pace, in pace con
l'inverno che era stato il suo legame fra la vecchia vita e la ricerca di una
nuova esistenza.
Caro amico inverno che lo aveva
protetto nella sua coperta bianca, sussurrando il silenzio e la solitudine
necessarie a fargli intuire che il dolore non va combattuto, ma vissuto per
morire poco alla volta e rinascere al momento giusto.
Lasciandosi alle spalle il bosco si
diresse verso casa per uscirne subito dopo con una macchina fotografica fra le
mani.
Giunto di fronte al maggiociondolo in
fiore, puntò l'obiettivo per carpire tanta meraviglia, ma all'ultimo momento
decise di fotografare la cosa più importante della sua vita: rivolse la
fotocamera verso se stesso, sorrise e avviò l'autoscatto.
Dedicato ad un amico speciale che come
me si è smarrito nel silenzio dell'inverno imparando ad ascoltarne i preziosi
sussurri.
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